A mio avviso sono la storia, i processi politici concreti, gli interessi materiali che definiscono lo “spazio” del centrodestra più che i pur indispensabili valori e ideali (sui quali sono più utili i suggerimenti della Ventura rispetto a posizioni pur ricche di suggestioni come quelle di Ippolito) o i programmi. La qualità di questi ultimi è indispensabile ma deriva dai processi politici: una delle tecniche preferite usate per disarticolare in questi venti anni il centrodestra “che è esistito e in parte esiste” è stata contrapporre programmi più puri rispetto a quelli espressi – spesso in modo sciatto – dallo schieramento esistente. Programmi appunto sostenuti nelle versioni liberistiche da Carlo De Benedetti e in quelle cattoliche da Nanni Bazoli.
Qualsiasi iniziativa culturale nel centrodestra (alcuni suggerimenti: oltre al presidenzialismo, il federalismo, il rapporto lotta alla corruzione-lotta allo strapotere della magistratura, una nuova fase nei rapporti capitale e lavoro fondata sulla contrattazione aziendale, una riflessione su formazione-educazione tecnica-ricerca e lavoro giovanile) è fondamentale ma non sostitutiva del lavoro sui processi politici concreti.
Per scendere dai concetti astratti al brutale mondo concreto, il primo vero appuntamento (come fu il voto per i comuni di Napoli e Roma nell’autunno del 1993) per ricostruire il centrodestra sarà quello delle regionali del 2015. Quando dall’Emilia al Veneto, dalla Liguria alla Toscana, dall’Umbria alla Campania, dalla Puglia alle Marche si voterà per i nuovi governatori: per questa scadenza Forza Italia si è già detta disponibile a organizzare primarie di coalizione.
Si dovrà in questo senso verificare quanti esponenti di Ncd e Udc preferiranno stare nel centrodestra che nel partito rivoluzionario istituzionale renziano in via di costituzione, se – come mi sembra indispensabile – si formeranno liste civiche capaci di promuovere la novità che non c’è nel centrodestra, magari compresi i movimenti ispirati dai vari Passera, cercando fattori di innovazione come quelli che hanno determinato i voti di Perugia o di Padova o – evitando l’egemonia grillina – di Livorno.
Questa mi sembra la via prioritaria per ricostruire un centrodestra che personalmente (il personalmente di un osservatore molto osservatore perché molto provato dalla politica primarepubblicana) mi interessa ancor più per la sua evidente funzione sistemica nazionale che per i suoi contenuti.