Nonostante il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini avesse lasciato trapelare la sua intenzione di abbassare l’aliquota sugli e-book al 10%, nel decreto cultura firmato dal Consiglio dei ministri presieduto da Matteo Renzi la disposizione non ha trovato spazio.
Portare l’IVA dei libri digitali dall’attuale 22% ad una quota non superiore al 10% (contro il 4% del formato cartaceo) avrebbe significato – secondo Franceschini – finire “automaticamente in procedura d’infrazione” da parte di Bruxelles, la stessa che stanno affrontando Francia e Lussemburgo.
LA PROPOSTA DI SEL
In attesa dell’impegno promesso dal ministro di affrontare la questione nel semestre europeo di presidenza italiana, alcuni deputati di Sel di Nichi Vendola (ora alle prese con smottamenti di parlamentari verso il Pd renziano) hanno presentato un emendamento al decreto cultura per equiparare l’IVA applicata agli ebook a quella dei libri tradizionali.
L’emendamento, che riproduce un’analoga proposta di legge di iniziativa parlamentare sempre di Sel, si spinge però oltre l’intenzione originaria del ministero della cultura di abbassare l’IVA al 10% nel tentativo di un totale allineamento all’IVA applicata ai libri cartacei.
L’ELOGIO DEI TURBO LIBERISTI
La proposta degli ex comunisti di Sel ha trovato pienamente d’accordo i liberisti dell’Istituto Bruno Leoni che invocano adesso l’eguaglianza fiscale tra i volumi cartacei e digitali:
“L’allineamento – sostiene Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni – non può però che essere totale. L’IVA sugli ebooks va abbassata per un ovvio e semplice motivo di eguaglianza fiscale: “I Promessi sposi” restano sempre gli stessi, che siano impressi su un supporto informatico o su carta. Non c’è quindi ragione, in termini di equità, di trattare fiscalmente come beni diversi un libro cartaceo e lo stesso libro in formato elettronico”.