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Perché Bassanini e Gorno Tempini con la Cdp snobbano il dossier Ilva?

Le recenti vicende riguardanti l’Ilva – sostituzione del commissario Bondi con Gnudi, esigenza di nuova finanza per gli investimenti dell’Aia, visita allo stabilimento di tecnici di ArcelorMittal, apertura dell’udienza preliminare per le richieste di rinvio a giudizio con immediato rinvio alla Cassazione di quanto richiesto dai difensori di alcuni imputati – rischiano con il loro convulso susseguirsi, di far perdere di vista alcuni elementi che sono (e restano) fondamentali per la soluzione della complessa vicenda della società.

Proviamo sinteticamente a richiamare tali aspetti.

1) il governo, nella persona del Presidente del Consiglio e dei Ministri Guidi e Galletti ha ribadito, se mai ve ne fosse bisogno, che il settore siderurgico è strategico per il Paese e che l’Ilva, con l’imponente sito di Taranto, è il pilastro portante del comparto, al servizio dell’industria meccanica italiana. Pertanto è stato ribadito quanto già stabilito dalla legge 231/2013 che definiva lo stabilimento ionico “sito di interesse strategico nazionale”. E’ bene ribadirlo, ricordandolo a chi continua con ostinazione a pretendere la dismissione coatta della fabbrica, o della sua area a caldo ed anche a chi – come gli analisti della Ubs – vorrebbero la chiusura degli impianti, perché ciò consentirebbe la riduzione di capacità produttiva ritenuta ormai necessaria e indifferibile in Europa;

2) la Riva Fire è tuttora la legittima proprietaria dell’Ilva, in cui è presente una partecipazione al 10% del Gruppo Amenduni, e non ha manifestato né tantomeno formalizzato alcuna intenzione di volerla cedere, ancorché si dichiari disponibile ad aggregare altri soci per sostenere gli imponenti costi della nuova Aia. Ciò deve essere ricordato a chi ancora oggi vorrebbe escludere l’attuale proprietà dalla ridefinizione del futuro assetto proprietario dell’Ilva. Tutto lascia supporre, peraltro, che, dopo la scomparsa dell’Ing. Emilio Riva, fra i due rami della famiglia, costituiti dai figli dei fratelli Emilio e Adriano, con quote ineguali della società a vantaggio dei primi, sia stato raggiunto un assetto equilibrato con un ruolo di primus inter pares di un homo novus dell’ampia compagine familiare, rappresentato da Cesare Riva, uno dei figli di Adriano: un evento significativo anche per l’immagine complessiva del gruppo.

3) il piano industriale presentato da Bondi con i due step al 2016 per il completamento dell’Aia e al 2020 per le innovazioni di processo, con l’impiego fra l’altro del preridotto di ferro, è stato posto in discussione per la seconda fase per i suoi costi ritenuti troppo elevati e per diverse valutazioni di redditività non solo dalla Roland Berger – consulente delle banche chiamate ad operazioni di nuova finanza in favore dell’azienda, oggi in fortissima tensione di cassa – ma anche da parte della stessa Riva Fire che dovrebbe partecipare all’aumento di capitale sociale. Non è escluso pertanto che quel piano venga rivisto per la parte afferente il periodo 2016-2020 e per la sezione riguardante l’impiego del preridotto di ferro, che sarebbe conveniente solo disponendo di grandi quantità di gas a basso costo, necessario per produrlo.

4) ArcelorMittal ha mandato il suo staff a visitare gli impianti ricavandone una valutazione migliore di quella abitualmente espressa da chi in realtà non li conosce, a conferma che gli investimenti compiuti dal 1995 al 2012 dal gruppo Riva – e pari ad oltre 4 miliardi di euro – avevano mantenuto gli impianti stessi in buona efficienza. Cauto però si mantiene il magnate dell’acciaio indiano sull’ipotesi di entrare nel capitale dell’Ilva per diverse intuibili ragioni così riassumibili: a) incertezza sulle dimensioni e i costi del piano industriale; b) incertezza sul ruolo delle banche creditrici che potrebbero essere chiamate, da un lato, a girare a capitale i loro crediti o una parte di essi – con sollievo per una frazione degli interessi passivi della gestione – e, dall’altro, ad assicurare nuova finanza, sia pure pro quota; c) assoluta incertezza per quanto riguarda l’incidenza delle istanze di danni avanzate da diverse parti che si ritengono danneggiate e che, se e quando fossero riconosciute legittime sul piano penale, andrebbero poi definite in sede civile, e ovviamente ascrivibili alla vecchia proprietà, se fosse a sua volta ritenuta colpevole con sentenza definitiva; d) dubbia convenienza della ArcelorMittal ad avere quali soci nell’Ilva i Gruppi Marcegaglia e Arvedi – che si sarebbero detti invece disponibili a farne parte conferendo però rami di azienda e non danaro fresco – perché non si comprenderebbe la logica industriale dell’operazione che richiederebbe poi tempi lunghi per le valutazioni dei beni conferibili.

Resterebbe da definirsi un possibile, ed a nostro avviso auspicabile, ruolo del capitale pubblico in un’operazione di grandi dimensioni, ruolo che potrebbe essere assolto dal Fondo Strategico Italiano controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti che potrebbe assumere – con il consenso della Riva Fire e della ArcelorMittal se vi entrasse – una percentuale di un aumento di capitale dell’Ilva, con funzioni di equilibrio fra i vari soci, per certi versi simile a quello appena dichiarato dello Stato francese nella Alstom nella quale sta per entrare con una fortissima partecipazione l’americana General Electric.

Infine la preoccupazione (fondata) di chi teme che Arcelor voglia ridurre la produzione e la capacità dello stabilimento di Taranto può essere fortemente attenuata dalla consapevolezza tecnica che i costi fissi di quella fabbrica sono tali che il break even point (il punto di pareggio nella gestione) del sito si raggiunge solo toccando almeno gli 8 milioni di tonnellate, un obiettivo che è sempre stato perseguito, mercato permettendo, prima dalla gestione pubblica e poi dal Gruppo Riva.

Allora, per concludere: il quadro è molto complesso e aperto ancora ad esiti molto diversi, mentre i tempi per un riassetto azionario dell’Ilva – che apporti subito elevate risorse cash per l’Aia – sono molto stretti. Ma devono essere chiari a tutti i veri termini del problema e il ruolo dei vari attori in campo.

Federico Pirro

Università di Bari

 

 


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