Un confronto pubblico trasparente nel quale i cittadini potranno proporre le loro idee e votare ogni punto del programma. È la sfida ambiziosa promossa da Italia Unica, la creatura politica di Corrado Passera che sul proprio sito on line avvia una vasta consultazione popolare sulla falsariga del governo di Matteo Renzi.
Il ventaglio dei temi abbraccia la riduzione del debito pubblico e delle tasse, le strategie per favorire crescita e lavoro, le politiche per la famiglia e il Terzo settore, la riforma delle istituzioni e della burocrazia, la giustizia e le libertà civili, il ruolo del nostro paese in Europa e nel mondo.
(UMBERTO PIZZI TRA PASSERA, PASSERIANI E PASSEROTTI. LA GALLERY)
Uno degli studiosi più noti coinvolti nel progetto è Riccardo Puglisi, professore di Economia politica e Scienza delle finanze all’Università di Pavia.
Puglisi, perché ha aderito al programma di Italia Unica?
È un progetto forte, che si preoccupa seriamente per i rischi di un Paese da decenni privo di crescita economica. Dalla preoccupazione nascono proposte concrete, che hanno l’ordine di grandezza giusto – centinaia di miliardi di euro per un Prodotto interno lordo vicino ai 1.500 miliardi – presentano la giusta collocazione politica in un centro-destra liberale e popolare, evitano le divisioni cretine tra laici e cattolici.
Lo ritiene coerente con le sue convinzioni liberali?
Apprezzo molto la volontà di andare oltre un orientamento statalista vecchio, perdente, pessimo per le giovani generazioni. Per dare spazio al settore privato e al no profit.
Vi sono punti critici?
Nutro un timore generale, che non vale solo per Italia Unica. E cioè che il relativo benessere di un Paese sviluppato non ci faccia pensare a quanto sia importante la crescita economica, per noi e per i nostri figli. Se crescessimo al 2 per cento l’anno, il nostro reddito pro capite raddoppierebbe nel giro di 35 anni: una generazione. Se cresciamo all’1 per cento l’anno, il reddito raddoppierebbe nell’arco di due generazioni. Se non si cresce, il reddito resta lì per sempre.
Come pensate di aggredire la montagna del debito pubblico?
Giornalisticamente fa tendenza guardare all’ammontare totale del debito pubblico, che in realtà significa molto poco. È invece rilevante il rapporto fra passivo di bilancio e PIL annuo. Relazione che scende se ricominciamo a crescere in maniera sostenuta. Sono favorevole a nuovi investimenti pubblici. Ma è bene archiviare un modello di sviluppo basato sulla spesa corrente, che deve essere tenuta a bada.
L’altro macigno da rimuovere è il peso del fisco su famiglie, lavoro e imprese.
Questo approccio di politica economica lascia spazio alla riduzione delle imposte. Tasse che oggi soffocano la voglia di produrre e lavorare in Italia. La crescita del Prodotto interno lordo è trainata dall’aumento della produttività, che a sua volta ha bisogno di liberalizzazioni, retribuzioni legate al merito, concentrazione delle risorse sulle eccellenze. Per tutto il resto vi è il PD camussian-renziano.
Nel 2012 lei aveva apertamente sostenuto Matteo Renzi per la segreteria del Partito democratico…
Avevo apprezzato, nell’ormai lontano 2012, la ventata di novità portata dalla candidatura di Renzi. Candidatura vissuta male da una quota importante dell’apparato e dell’elettorato del Nazareno. Rilevo però una certa distanza tra il Renzi del 2012 e quello del 2014, nel senso di un ritorno alla concezione antica della sinistra per la quale lo Stato fa sempre bene all’economia. Ogni tanto mi sorge il sospetto che il programma del 2012 fosse più apparenza strategica che sostanza di contenuti.
Ritiene realistico prevedere come fa Italia Unica 25 miliardi annui di entrate dalla lotta all’evasione fiscale per contribuire a coprire un robusto taglio delle tasse?
L’evasione fiscale, come ho scritto sul Corriere della Sera qualche giorno fa e come evidenziato da un lavoro dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia, è più elevata – e più giustificata dai cittadini – nei comuni dove la spesa pubblica è più inefficiente. Lo Stato e le amministrazioni locali trattino bene i cittadini e le aziende che ben si comportano dal punto di vista fiscale. Penso alle “imprese tutte trasparenti”, che operano soltanto attraverso pagamenti e fatturazioni elettroniche.
Gli strumenti in vigore sono efficaci per combattere evasione ed elusione?
Le pene terrificanti vanno bene per guadagnarsi la prima pagina dei giornali. Ma sono velleitarie se la probabilità di scoprire gli evasori è nulla. Guardiamo in faccia la realtà. Se un cittadino può ottenere uno sconto fiscale detraendo una spesa come nel caso delle ristrutturazioni edilizie, ha molta meno voglia di pagare in nero. Estendiamo questa procedura a molte altre spese, prevedendo un limite annuo per evitare un calo eccessivo del gettito.
Come giudica la proposta di referendum sull’applicazione dell’austerità nel nostro paese?
Come ben sanno i promotori dell’iniziativa, la Costituzione proibisce le consultazioni popolari abrogative riguardo i trattati internazionali. E dunque anche sul Fiscal Compact, ovvero sui vincoli ai bilanci pubblici dei paesi appartenenti all’Euro-zona e a chi vorrà parteciparvi nel futuro.
La consultazione referendaria potrebbe determinare un cambiamento delle politiche europee…
Generalmente guardo con simpatia agli istituti di democrazia diretta. Tuttavia sul tema di un intelligente aggiustamento dell’eccesso di vincoli sui bilanci pubblici ritengo che la ricetta giusta risieda nei cosiddetti “accordi contrattuali”, proposti dalla Commissione UE già a fine 2012.
Cosa prevedono?
Gli Stati che realizzano riforme strutturali benefiche per la crescita si accordano contrattualmente con le istituzioni comunitarie – Commissione e Consiglio – e ottengono un allentamento dei parametri finanziari. Resterei in ogni caso attento a fare dell’euro o dell’austerity un capro espiatorio, un nemico esterno cui addossiamo tutte le colpe rimuovendo le nostre responsabilità e i nostri ritardi.
Concorda su una BCE modello Federal Reserve?
La Banca centrale europea ha agito con prontezza e determinazione rispetto alla crisi di sfiducia sui debiti sovrani dell’area Euro. L’ormai famosa frase di Mario Draghi, secondo cui l’Eurotower avrebbe difeso la valuta unica dai rischi di disgregazione con qualunque mezzo necessario, rappresenta il punto di svolta positivo di questa crisi. Ed è segno di una BCE che opera con tutta la forza necessaria di una banca centrale. Non vedo quindi una distanza così abissale rispetto alla FED USA. Mi focalizzerei piuttosto su quanto la BCE abbia agito al posto delle altre istituzioni europee, bloccate da regole di decisione non federali a causa della persistenza di significativi diritti di veto.
Riterrebbe positivo un rapporto paritario del cambio euro-dollaro?
Nel terreno dei tassi di cambio si pattina sempre sul ghiaccio sottile. È una materia che non permette facili analisi e previsioni. Un euro meno caro rispetto al dollaro darebbe un vantaggio temporaneo alle nostre esportazioni. Tuttavia non esiste nessuna bacchetta magica in mano alla BCE. Si può pensare ad accordi tra le banche centrali, ma è necessario ricordare che la svalutazione del cambio di un paese corrisponde sempre alla rivalutazione della moneta per qualcun altro.
L’introduzione degli Eurobond potrebbe coniugare risanamento dei conti e politiche di sviluppo?
Per la loro natura di titoli emessi dai governi appartenenti all’Euro-zona in maniera congiunta, tali strumenti finanziari potrebbero evitare una frammentazione del mercato dei titoli di Stato Paese per Paese. Riducendo il rischio di attacchi speculativi simili a quelli di cui siamo stati testimoni negli anni scorsi. È molto più facile avere fiducia in titoli emessi da un consorzio con le spalle grosse piuttosto che da un unico debitore. Attenzione però a come funziona questo meccanismo.
Quali sono i pericoli?
Se lei è un ottimo pagatore dei vostri debiti, perché mai dovrebbe formare un consorzio con un pessimo pagatore e farvi prestare i soldi in maniera congiunta? Chi canta le lodi degli Eurobond e contemporaneamente respinge i vincoli di bilancio previsti dal Fiscal Compact non ha riflettuto su un punto cruciale: i consorzi tra debitori funzionano bene se essi si assomigliano nell’essere virtuosi. Un paese che non ha i conti pubblici a posto, molto probabilmente non è un buon creditore.
(UMBERTO PIZZI ALLA PRESENTAZIONE DI ITALIA UNICA DI PASSERA. TUTTE LE FOTO)