Non ripetere ciò che è stato. E’ il monito che, l’ex montiamo e popolare Lorenzo Dellai, lancia presentando Democrazia Solidale, l’associazione nata dalla frattura con i Popolari per l’Italia di Mario Mauro e alla quale hanno aderito alcune anime riconducibili alla Comunità di Sant’Egidio. Dellai, capogruppo alla Camera del gruppo Per l’Italia, spiega a Formiche.net i perché di questa scelta.
Perché è nata Democrazia Solidale?
Bisogna leggere i segni dei tempi anche in politica e non ripetere solo ciò che è stato: gli italiani hanno ampiamente dimostrato di volere cambiare le cose. Prima votando largamente alle politiche del 2013 due partiti che fino ad allora non esistevano nemmeno (M5S e SC), poi dando larga fiducia a Renzi e al rinnovamento del PD. E’ evidente che la volontà di superare il quadro politico degli ultimi 20 anni è una priorità per i nostri concittadini.
Come superarlo?
E’ emersa con chiarezza la “volatilità” di molti voti, non più legati a partiti tradizionali o ad appartenenze ideologiche; si è manifestata attraverso il voto la grande volontà di cambiamento dinanzi ad un quadro politico bloccato e a partiti logorati e non più credibili. Noi abbiamo iniziato la nostra presenza politica nazionale proprio per cambiare questo quadro. Oggi, con fatica, ma in maniera nuova e incisiva, si sta avviando nel nostro Paese quel processo di riforme auspicato da milioni di concittadini. Ed è indubbio che questo è il percorso che hanno intrapreso Matteo Renzi e il governo da lui presieduto. Sappiamo che questa strada sarà lunga e difficile e che richieda la convergenza di forze culturali, sociali e politiche vitali nella società italiana. E noi vogliamo dare il nostro contributo autonomo e leale.
Cosa non condividevate della strategia dei Popolari?
La cultura politica cattolico-democratica viene da anni di dispersione, travaglio e ricerca di nuova elaborazione e proposta politica. E’ normale che vi siano tentativi, idee, progetti. Passi avanti e indietro. Noi abbiamo ritenuto però necessario compiere un atto di chiarezza politica: non ci interessa oggi costruire coalizioni politiche alternative al PD. Pensare di riproporre oggi in Italia lo schema “popolari contro socialisti” non ha alcun senso a fronte da un lato del mutamento avviato dentro il PD e, dall’altro, delle ambiguità non ancora risolte nello spazio che è stato il centrodestra negli ultimi vent’anni. Uno spazio, peraltro, che pare voglia sostanzialmente riproporsi dopo una sorta di pit-stop e non certo mettersi in discussione nelle parole chiave, nella ispirazione, nel giudizio sugli ultimi vent’anni e nella classe dirigente. Oggi è così e bisogna prenderne atto. Se in un futuro oggi non scrutabile le condizioni muteranno, se ne riparlerà.
Quali sono i vostri obiettivi?
Abbiamo una nostra identità e un nostro percorso alle spalle: un impegno politico ispirato dal cattolicesimo democratico; un’idea comunitaria e non individualista della democrazia; un modello di autonomie responsabile e solidale, filo conduttore di una Italia unita ma plurale. Questo vogliamo declinarlo e proporlo all’Italia di oggi.
Quale sarà la linea rispetto al populismo grillino e agli antieuropeismi?
Siamo preoccupati per la diffusione di populismi e antieuropeismi di vario tipo: davanti a questi sentiamo di dover rispondere con responsabilità. Ci preoccupa anche la forzata contrapposizione tra “la gente” e “il Palazzo”, che ci pare ambigua: noi non vogliamo essere né populisti né tecnocratici, ma tesi a costruire un costante dialogo tra una cultura politica fondata sul bene comune e le necessità di singoli e gruppi. Abbiamo una forte attenzione sociale e valoriale: anche per noi, come per Papa Francesco, “solidarietà” non è una “parolaccia”, ma un concetto che sentiamo profondamente nostro. Dare rilievo al welfare, alla famiglia come nucleo fondamentale della società, all’istruzione, alla vita dal concepimento alla morte naturale, alla cittadinanza, per noi non è un elemento secondario, perché il benessere sociale costituisce il tessuto attraverso cui una società si connette e cresce. Lo sviluppo economico non può essere fine a se stesso, o a beneficio di pochi, ma deve essere funzionale alla crescita del benessere sociale, attraverso il lavoro. Per citare il titolo di un bellissimo libro di Enrico Letta, una comunità se non è prima di tutto comunità non può essere neppure competitiva.
Avrete una lista anche alle regionali del 2015?
Penso proprio di si. Noi abbiamo costituito un’associazione politica che vuole contribuire ad un’evoluzione positiva del nostro Paese, che tenga conto anche della cultura e delle sensibilità che ci sentiamo di rappresentare. Ci appare evidente che nella fase storica attuale, le speranze di rinnovamento e di rilancio del Paese possono trovare terreno fertile in una alleanza con il PD a partire dalle prossime scadenze elettorali e quindi dalle regionali 2015. Valuteremo con che strumenti, ma personalmente ritengo importante dare vita, dentro la coalizione, a una presenza organizzata, assieme a quanti hanno una visione vicina alla nostra.
Quanto ha pesato il caso Mauro, sostituito dalla commissione del Senato?
La sostituzione del sen. Mauro in prima commissione è stata decisa dal Gruppo Parlamentare al Senato, dentro il quale la maggioranza dei colleghi non si è riconosciuta nelle opinioni da lui espresse sulla riforma costituzionale: non è stato quindi un passaggio legato alla nostra decisione di costituire Demo.S. L’unico legame tra le due cose e’ semmai il diverso giudizio complessivo che diamo sul processo di riforma costituzionale. Noi non pensiamo certo che esso abbia effetti taumaturgici per il Paese e siamo anche coscienti che l’approccio è stato confuso e approssimativo, ma nel contempo siamo convinti che se questo processo naufragasse sarebbe un disastro non per Renzi o per Berlusconi o per altri leaders, ma per la credibilità dell’Italia. Inoltre, pur riconoscendo la legittimità di questa posizione così legata anche alla nostra tradizione culturale, non pensiamo che l’elezione diretta del Senato debba essere vissuta oggi come un dogma. Se sono chiare le funzioni e sono definiti i meccanismi di equilibrio, ha certamente un senso l’idea di una seconda Camera rappresentativa delle Autonomie. Certo, occorre che il sistema abbia una sua coerenza, facendo sintesi tra efficenza e rappresentanza.
Sull’Italicum che posizione avete?
Pensiamo tra l’altro che, a fronte di un Senato non eletto dai cittadini, a maggior ragione la legge elettorale per la Camera deve essere corretta – non stravolta – rispetto a quella in campo. E penso che su questo terreno possa essere trovata, dentro e fuori della maggioranza di governo, una intesa ragionevole in tema di premio di maggioranza equilibrato, di soglie di sbarramento e di rapporto tra elettori ed eletti.
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