Che succede a Palazzo Chigi? Le interpretazioni sono le più disparate da giorni, e oggi si sono infittite dopo le interviste che Matteo Renzi e Graziano Delrio hanno rilasciato rispettivamente al Corriere della Sera e al Messaggero.
Da una parte c’è un premier volitivo, baldanzoso e a volte dai toni bullistici poco consoni per un presidente del Consiglio e soprattutto per un segretario del Pd che continua a sculacciare la Cgil, i magistrati, i comitatini che bloccano opere ed estrazioni petrolifere con parole che di solito affascinano più elettori di centrodestra che di sinistra.
Dall’altra parte c’è un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che si sente più a suo agio nell’approfondire dossier e nel proporre soluzioni, a costo che poi di rimangiarsele o di contestualizzarle diversamente; com’è avvenuto nel caso del piano europeo per ristrutturare i debiti pubblici nazionali che oggi, al Messaggero, viene rubricata come ipotesi di studio accademica rispetto a quanto pochi giorni fa aveva fatto intendere lo stesso Delrio, amabilmente rimbrottato (anzi, ignorato) dal ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, che al Sole 24 Ore a proposito dell’idea di Delrio aveva detto: “Non è all’ordine del giorno”.
In ambienti governativi, si nota sempre più comunque un diverso approccio tra il premier e il sottosegretario; talmente diverso, a volte, che fa dire a taluni che all’interno dell’esecutivo e pure nella ristretta cerchia dei renziani duri e puri Delrio si fa sempre più apprezzare per concretezza e realismo. Malignità? Forse. Anche perché a volte i due si dipingono come il braccio e la mente, con ruoli spesso intercambiabili.
Sta di fatto che le esternazioni odierne di Renzi lasciano pensare che si sia giunto a un punto di non ritorno: dopo aver bistrattato la “lezioncina” del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli (“diano i soldi alle aziende, invece di lamentarsi”, ha reagito il premier); dopo aver di fatto sbeffeggiato i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso (“abbiano la forza di mettere un tetto ai compensi dei loro alti funzionari”); dopo aver irriso i magistrati che hanno eletto solo una donna al Csm e dopo varie ramanzine e sculacciate a gufi, rosiconi e mandarini, su chi altri si concentreranno d’ora in poi gli strali del presidente del Consiglio che oramai sfiora il bullismo istituzionale?
Beninteso, scaldare le tifoserie con slogan nerboruti può essere utile in campagna elettorale, ma gli uomini delle istituzioni dovrebbero risolvere problemi e non crearne con sortite che talvolta possono celare solo impotenze politiche.
E non è una questione solo di bon ton, ovviamente. L’enfasi riformatrice del premier è salutare perché vuole scardinare poteri di veto e rendite di posizione che minano la competitività del sistema Italia. Ma oltre a specchiarsi con interviste chilometriche restano i problemi. Ovvero la produzione industriale che non riprende, il Pil che non lievita, i consumi che ristagnano nonostante il bonus degli 80 euro, lo spread sempre in agguato e i test della Bce per le banche che non promettono nulla di buono.
Per questo qui su Formiche.net stiamo invitando sommessamente il governo a riconoscere gli errori commessi ai vertici europei (come limpidamente analizzati da Stefano Cingolani), i risultati tutt’altro che esaltanti del governo (commentati da Benedetto Ippolito) e i rischi che arrivano dai mercati (analizzati da Edoardo Narduzzi) per poter a immaginare soluzioni drastiche da operazioni straordinarie per abbattere il debito pubblico, con una sorta di taglia debito come quello da tempo auspicato da un’altra firma di Formiche.net, Guido Salerno Aletta.
Anche perché mentre il presidente del Consiglio dedicava tempo ed energie al Corriere della Sera, ieri – come ha notato Paolo Messa su Twitter – l’Italia non sarà presente al vertice di oggi su Medioriente che si terrà a Vienna tra i ministri degli Esteri di Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna. A proposito di parole e di fatti…