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Dove va la politica estera italiana. Parla il generale Carlo Jean

Russia sicurezza

La discussione europea sul nome di Federica Mogherini a capo della diplomazia di Bruxelles riaccende la discussione sulla direzione assunta dall’Italia.
Ciò costituisce secondo Carlo Jean, generale di Corpo d’armata, presidente del Centro studi di Geopolitica economica, docente nella Scuola di perfezionamento delle Forze di polizia e nella Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze, un tema centrale per leggere la vicenda.

Già consigliere militare dell’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga, lo studioso di strategie ed equilibri politico-militari esprime, nella prima di una serie di interviste di Formiche.net sul tema, un giudizio sulla politica estera italiana e sulla sua gestione dei principali focolai di crisi che riguardano Roma, Libia e Ucraina.

Professore, dove va la politica estera italiana? (Paolo Messa se lo chiede in questo commento)
A mio avviso va bene se si guarda al nostro servizio diplomatico, che si mantiene su alti livelli e lavoro in modo molto proficuo in molti Paesi dell’Asia e dell’Africa. Sotto altri lascia a desiderare. Mi riferisco ad esempio a quanto sta accadendo a Bruxelles sulla nomina del nuovo Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea. Credo che Renzi abbia sbagliato nell’avere l’atteggiamento di chi vuole dare lezioni all’Europa. Si tratta di un ambiente molto diverso da quello italiano. Lì c’è gente che non si lascia intimidire. Anche per questo credo che difficilmente il prossimo Mr. Pesc sarà italiano, a prescindere dal nome proposto. La stessa ipotesi Letta è uno sfottò al nostro presidente del Consiglio.

Coma valuta la situazione in Libia vista da Roma e in un’ottica internazionale?
Credo che l’Italia si stia destreggiando bene sia dal punto di vista del supporto, sia perché nel Paese è presente un fuoriclasse come Eni, che ha conoscenze e controllo della situazione. In un quadro più ampio dubito invece che un intervento della Nato possa essere risolutivo del caos libico, dove è impossibile contrastare milizie così eterogenee. Le uniche possibilità concrete di pacificazione potrebbero giungere da Algeria ed Egitto, che in quanto vicini di Tripoli hanno l’interesse che il disordine non si propaghi nei loro confini e che i loro interessi non vengano danneggiati.

Un altro focolaio preoccupante è quello ucraino, nel quale secondo il Dipartimento di Stato americano ci sarebbero riscontri documentali di una destabilizzazione ad opera della Russia.
Dopo le prove del coinvolgimento russo nel sostegno ai ribelli, Washington e Bruxelles hanno inasprito le sanzioni contro Mosca. Ciò ha riverberi importanti sull’economia russa, molto più fragile di quanto si pensi. Per questo credo che in Ucraina alla lunga Vladimir Putin potrebbe fare flop, accettando delle condizioni che non lo soddisfano. A conferma di ciò c’è il fatto che anche Regno Unito e Germania fossero in testa al gruppo che ha chiesto nuove misure sanzionatorie. L’Italia non ha reali possibilità di incidere. L’unica alternativa che abbiamo è quella di allinearci alla posizione di Berlino, che con Mosca intrattiene rapporti molto simili ai nostri.

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