Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Pil, aumentare la spesa non aiuta la crescita. Parla il prof. renziano Nannicini (Bocconi)

“Siamo tutti keynesiani con i soldi degli altri”. Tommaso Nannicini, professore di economia politica all’Università Bocconi, un po’ ci scherza ma pensa davvero che le buone intenzioni alla Keynes – la crescita che passa attraverso la spesa pubblica – applicate all’Italia vanno prese con le molle, nonostante i dati non esaltanti del Pil.

Eppure il premier fa delle politiche keynesiane uno dei suoi principali cavalli di battaglia…
Direi che la prima questione da chiarire è quali sono gli strumenti per fare una politica espansiva, perché c’è un problema di efficienza ed effettività della spesa pubblica. Non siamo un Paese come tutti gli altri, come le vicende Expo e Mose purtroppo ci ricordano. Per capire l’efficacia e l’impatto delle politiche espansive dobbiamo capire innanzitutto come saranno spesi questi soldi o a chi verranno ridotte le tasse. E la prima domanda da farsi è sempre: dove sono le risorse?

E dove sono le risorse? O meglio, ci sono?
Si parla per esempio di non includere gli investimenti nel computo del deficit. È una politica che può avere un senso, ma a patto di valutarne bene gli effetti. Anche ammettendo che l’Europa ce li lasci passare, investimenti improduttivi scaricati sulle generazioni future non sono un grande affare. Diverso se si tratta di investimenti, in capitale fisico e umano, capaci di rilanciare la crescita potenziale. Ma è degli impatti reali che dobbiamo parlare. Un certo keynesismo della domenica per cui conta solo “quanto” e non “come” si spende ci porterà poco lontano. Si rischia di allargare il debito senza produrre effetti positivi di lungo periodo, solo per fingere di fare qualcosa nel breve periodo. E non possiamo permettercelo.

Allora Renzi è un inguaribile ottimista o ha una strategia davvero raffinata?
Non mi pare che la sua strategia sia quella di allargare i cordoni della spesa. Il governo ha messo al centro della sua azione molte riforme di lunga lena, dalla pubblica amministrazione alla giustizia, dal fisco al mercato del lavoro (anche se continua a latitare su fronti importanti come scuola e università). Adesso, si tratterà solo di capire se dagli annunci si passerà a interventi incisivi e coerenti. Personalmente, condivido lo scambio tra riforme e flessibilità sui vincoli di bilancio proposto dal nostro premier all’Ue, ma non dobbiamo dimenticare che l’Italia è in una situazione di stagnazione di produttività e investimenti da decenni. Abbiamo perso la strada della crescita. Anche la sostenibilità del debito pubblico passa dal rilancio della crescita economica. E spero sia chiaro a tutti che una maggiore spesa in disavanzo non è il volano della crescita. Se fosse così facile tornare a crescere, sarebbe stato criminale non averci pensato prima. Anzi, in verità, qualcuno ci aveva già pensato e ci aveva anche provato.

Chi era questo temerario?
Era l’Italia della Prima Repubblica. Molti dei nostri problemi strutturali nascono proprio dalla vecchia abitudine di fare spesa distributiva, nascondendola prima con l’inflazione e poi lasciando esplodere il debito pubblico. Non funziona. Non si crea crescita con la droga della spesa in disavanzo. Oggi, abbiamo bisogno di un po’ di metadone: una flessibilità che dia ossigeno a imprese e famiglie, anche per far passare le riforme strutturali su lavoro, burocrazia, giustizia, che non sono a costo zero. Che vanno a toccare diritti acquisiti e possono avere un effetto recessivo nel breve periodo, oltre a infastidire qualche lobby. Allora, se per qualche anno si riducono le tasse o si aumentano gli ammortizzatori sociali, senza ossessionarci sui vincoli di bilancio e coprendone i costi totali solo in un secondo momento attraverso una revisione della spesa, questo può essere premiante. È il nostro metadone. Tenendo bene a mente, però, che anche il metadone può provocare assuefazione. E che non torneremo a crescere a colpi di stupefacenti.

Insomma, Renzi ce la farà?
Sulla carta, altri governi hanno annunciato strategie simili, poi per vincoli politici o per mancanza di coraggio non le hanno mai attuate. Oggi Renzi è dotato di un grande capitale politico, di una forte apertura di credito, che spero vengano usati per fare le riforme. Le prime scelte del governo vanno in questa direzione. Ma adesso dovrà raddoppiare il coraggio e la volontà politica per proseguire su questa strada. Perché i problemi veri arriveranno quando le scelte da fare imporranno costi nell’immediato.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter