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Perché il Pd sull’articolo 18 dice no ad Alfano e Brunetta

Ogni estate ha il suo tormentone. E quello 2014 della politica italiana sembra essere ancora una volta l’articolo 18. La proposta di Angelino Alfano, rilanciata oggi da Maurizio Sacconi sul Sole24Ore, di abolirlo entro agosto ha suscitato un polverone. Apprezzamenti sono arrivati dal centrodestra, in primis da Renato Brunetta che ha provocato su Twitter il presidente del Consiglio: “Su misure economiche e moratoria per 3 anni articolo 18 centrodestra unito. E il Pd?”.

IL NO DI TADDEI

Matteo Renzi ha detto sull’articolo 18: “Un simbolo. Un totem ideologico. Proprio per questo trovo inutile stare adesso a discutere se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibattito agostano degli addetti ai lavori”. Insomma il ritornello che sembra arrivare da Largo del Nazareno è il seguente: l’articolo 18 non si tocca perché sarebbe inutile farlo. Lo ha detto il ministro della Pa Marianna Madia qualche giorno fa, lo ripete con forza oggi il responsabile dell’Economia del Pd Filippo Taddei, uno dei consiglieri più stretti di Palazzo Chigi.

In un’intervista a Repubblica, Taddei si sfoga così: “A me questo dibattito sull’articolo 18 mi fa incazzare. Abbiamo la responsabilità di governare questo Paese. Serve una riforma organica, mentre Alfano fa il gioco delle tre carte. Il ministro dell’Interno ha una prospettiva che, oltre a essere tecnicamente dannosa, non è quella del Pd. Ed è fuori tempo massimo”. Nessun totem o simbolo da smantellare dunque per l’economista che spiega su cosa punta invece il Pd: “Nell’articolo 4 della legge delega c’è scritto che per semplificare e riordinare le modalità contrattuali esistenti, in via sperimentale si favorisce l’inserimento con tutele crescenti. Si può definire la modalità, ma in ogni caso c’è un tratto unificante: a un certo punto entra in vigore l’articolo 18, mentre nella proposta di Alfano non è così”.

I DUBBI DI LEGNINI
Non è una bocciatura a priori della proposta di Alfano la posizione espressa sul Corriere della Sera dal sottosegretario Pd all’Economia Giovanni Legnini. Visto che “si tratta da sempre di un argomento divisivo”, meglio affrontarlo “nella sede propria, cioè la delega per il lavoro”, spiega ricalcando la proposta di mediazione già espressa dal vicesegretario Pd Lorenzo Guerini.

Anche se, sottolinea Legnini, “rischia di essere fuorviante tornare oggi su questo tema, dopo i due interventi sull’articolo 18 degli ex ministri Sacconi e Fornero e dopo l’approvazione della delega sul lavoro. Il dramma della disoccupazione giovanile, che deve essere al centro dell’azione riformatrice del governo, difficilmente potrà essere attenuato dalla abolizione dell’articolo 18”.


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