Chi l’ha detto che la lettura dei giornali induce solo malinconia? Oggi, ad esempio, suscita anche una ilare tristezza.
Si prenda la questione del debito pubblico e di come tagliarlo per far lievitare l’Italia, abbiamo sintetizzato qui a Formiche.net con qualche speranza e approssimazione. Le idee pullulano da tempo, gli studi sono stati prodotti a iosa, la stampa specializzata incalza (in particolare Milano Finanza con le analisi di Guido Salerno Aletta e più timidamente di recente anche il Sole 24 Ore in particolare grazie agli interventi di Paolo Savona) eppure nulla si muove da anni nei governi.
Per questo ci siamo chiesti: come mai dopo tanto parlare non si agisce? Che cosa osta? A rispondere oggi con chiarezza mista a sicumera è Lorenzo Bini Smaghi, già nel board della Bce e ritenuto non lontano da Matteo Renzi. Qui si potrebbe aprire un dibattito del tipo: Renzi seguirà i consigli del proto renziano Marco Carrai (che ha proposto un taglia debito con l’istituzione di un fondo che somiglia a quello oggi lanciato sul Messaggero dal sottosegretario Angelo Rughetti) o accoglierà quelli del renziano della penultima ora Bini Smaghi?
No, non è questo il tema che suscita ilarità. E’ un altro. Una regola europea sui conti pubblici, stabilita con gran plauso da Berlino, Bruxelles e Francoforte (sede della Bce), prevede che dal 2016 gli Stati che hanno un rapporto debito/pil superiore al 60% devono ridurre il rapporto di un ventesimo l’anno per la parte eccedente. Una tagliola – fatta da tagli alla spesa pubblica o di aumenti di imposte, se non si può privatizzare abbastanza – mica da ridere per Stati già stremati, in recessione e con disoccupazione galoppante (come l’Italia).
Ebbene, mentre fervono idee, proposte e soluzioni per evitare la tagliola e anticipare piani di riduzione del debito, arriva l’ex solone della Bce (ovvero Bini Smaghi) a darci una lezione tramite il Corriere della Sera: la ristrutturazione del debito è pericolosa, l’idea di un Fondo suscita perplessità e via dubitando.
Ordunque, che cosa bisognerebbe fare, secondo Bini Smaghi? Aspettare il giorno della tagliola, affidarci alla Troika e consegnarci a qualche solone di Bruxelles e di Francoforte che per abbattere il debito taglierà stipendi, pensioni, dipendenti pubblici e chissà cos’altro, oltre a spremerci con altre tasse?
Ma a questa domanda Bini Smaghi di sicuro non risponderà perché è esattamente quello che pensa. O no?