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Cosa ha chiesto (e cosa ha ottenuto) la Libia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu

In uno dei momenti più complicati e forse decisivi per l’evolversi della crisi libica, il ministro degli Esteri di Tripoli Mohamed Abdulaziz (nella foto) è tornato a parlare, mettendo nero su bianco richieste e speranze che il Paese ha affidato alla comunità internazionale e al Consiglio di sicurezza dell’Onu, che si è riunito oggi per discutere del futuro del Paese nordafricano. L’esponente politico, in dichiarazioni a un quotidiano saudita rilanciate dal Libya Herald, spiega che la Libia rinnova la richiesta “di completare la sua missione nel Paese e di aiutare a ristabilire la legge e l’ordine”, in applicazione del capitolo VII della carta delle Nazioni Unite. Un pensiero già espresso nel vertice dei Paesi confinanti al Cairo e che ha spinto il Palazzo di Vetro, finora riluttante a intervenire per stessa ammissione dell’inviato nel Paese Bernardino León, a prendere un qualche tipo di iniziativa.

LA RISOLUZIONE

Con una risoluzione adottata all’unanimità, il Consiglio di sicurezza ha ampliato il regime di sanzioni internazionali in vigore nei confronti di Tripoli – principalmente contro i sostenitori del regime di Muammar Gheddafi – per includervi le milizie in lotta nel Paese.

Le misure prevedono delle sanzioni contro persone o gruppi che “commettano o aiutino a commettere degli atti che mettano a rischio la pace, la stabilità o la sicurezza in Libia, o che ostacolino la riuscita della transizione politica” nel Paese.

Le sanzioni comprendono un embargo sulle armi (proposto ieri su queste colonne dal presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre) e un congelamento dei beni: quali gruppi armati ne saranno effettivamente oggetto sarà deciso da un comitato ad hoc dipendente dallo stesso Consiglio.

UN PAESE DIVISO

Se la violenza impazza per le strade, la situazione politica è altrettanto complessa. Il primo ministro ad interim, Abdullah al-Thinni, oggetto di attacchi mirati alla sua persona e alle sue proprietà, è stato designato a marzo ma è tutt’ora in attesa di ricevere il disco verde dall’assise. Una legittimazione che, qualora arrivasse, sarebbe già monca. Il vecchio Congresso libico riunito a Tripoli ha designato nelle passate ore Omar al-Hasi nuovo premier. Ciò assume i contorni di una vera e propria “secessione” dal Parlamento eletto a giugno, che si riunisce invece a Tobruk. Il Paese pare ormai diviso in tre parti. Tripoli è sotto il controllo dei filo-islamici di Misurata, Bengasi del “Califfato” di Ansar al Sharia, mentre Tobruk è il luogo d’esilio del Parlamento eletto due mesi fa.

UN NUOVO TERREMOTO

Non solo. Oggi, riporta il sito d’informazione locale al Wasat, i ministri dell’Industria, del Lavoro, della Pianificazione, dell’Istruzione, delle Risorse idriche e degli Invalidi di guerra hanno rassegnato le proprie dimissioni a causa dell’aggravarsi della situazione politica e delle divergenze con il primo ministro.

IL RUOLO DELL’EGITTO

Decisivo per le sorti del Paese sarà il ruolo dell’Egitto, ben delineato su Formiche.net dal generale Carlo Jean. Proprio Il Cairo nei giorni scorsi è stato accusato da alcuni funzionari americani di aver condotto assieme agli Emirati arabi uniti bombardamenti in Libia per fermare l’avanzata dei ribelli islamisti. Il tutto senza avvisare Washington.
Durante il Consiglio di sicurezza di oggi, invece, il presidente Abdel Fattah al-Sisi (che ieri ha incontrato nella capitale egiziana una delegazione del Parlamento di Tobruk, l’unico riconosciuto dai Paesi confinanti riunitisi pochi giorni fa) ha illustrato il piano per stabilizzare la Libia messo in campo dal Cairo. Il progetto prevede una serie di misure che vanno dal cessate il fuoco al disarmo delle milizie, alcune delle quali sono state adottate.

LE MOSSE DI ROMA

Al vertice l’Italia è assente, ma potrà fare molto, come ha spiegato l’analista dell’Ecfr Mattia Toaldo. Roma fa da tempo pressione perché le Nazioni Unite si interessino con azioni concrete a quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo. L’iniziativa di oggi è un primo, piccolo passo in quella direzione.



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