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Tutte le grane di Renzi

Matteo Renzi ci ride su. Per il presidente del Consiglio i gufi restano nella palude e chi dice che la sua luna di miele con il Paese è finita “porta solo bene”, come è già successo alla vigilia della Europee, ironizza. Eppure è difficile non notare come il clima attorno a Palazzo Chigi stia cambiando. L’iniziale entusiasmo per l’arrivo del rottamatore sembra lasciare spazio alla diffidenza per un premier afflitto, il termine l’ha coniata lui stesso, da “annuncite”.

LA STAMPA
Lo sottolinea con crescente enfasi la stampa che si sta dimostrando sempre meno renziana. Non solo quella internazionale come l’Economist che l’ha ritratto con un gelato in mano, suscitando la sua famosa “reazione Grom” nel cortile di Palazzo Chigi (LE FOTO). Per non parlare del Financial Times e di Le Monde non proprio entusiasti della candidatura di Federica Mogherini a Lady Pesc.

Sul Corriere della Sera e la Stampa aumentano i dubbi di editorialisti e giornalisti sull’efficacia dell’azione dell’esecutivo. Più filo-governativa resta Repubblica, se si esclude il suo fondatore Eugenio Scalfari che ha sempre riservato stoccate al “Pifferaio di panna montata”, come lo chiama nel suo ultimo editoriale. In casa De Benedetti, anche il direttore di Huffington Post Italia Lucia Annunziata alza la voce e si chiede se Renzi sia adatto a governare. Rimproveri anche dai quotidiani vicini al centrodestra per i suoi mille giorni “tv, sorrisi e canzoni”, secondo Mario Giordano su Libero, eccezion fatta per il Foglio che si professa ancora renziano, per ammissione del suo stesso direttore Giuliano Ferrara.

GLI INDUSTRIALI
Si può leggere oggi il botta e risposta sul Sole 24 Ore tra il direttore Roberto Napoletano e Renzi, che ha di fatto bocciato tra l’altro il piano di privatizzazioni messo a punto dal Tesoro su Eni ed Enel. Alle perplessità di Napoletano sull’azione di governo, il presidente del Consiglio risponde opponendo la legittimazione popolare: “Non pensavo di convincerla, direttore, ma avendo convinto quattro milioni di italiani, ho una grande responsabilità che mette i brividi. Questo risultato mi spinge a non guardare in faccia nessuno”.

Le riserve del quotidiano di Confindustria riflettono l’umore degli industriali. Sì, c’è chi resta fedele renziano come il patron di Eataly Oscar Farinetti, oltre al finanziere Davide Serra, ma nell’ultimo periodo il premier ha incassato opinioni non proprio positive da Sergio Marchionne, Diego Della Valle e dallo stesso Giorgio Squinzi, rappresentanti di peso di quell’estabilishment italiano che inizia a dare segni di nervosismo.

IL FRONTE INTERNO
Ovviamente, è nei periodi difficili che i nemici tendono ad alzare la testa. Ecco allora che in questo settembre difficile, tra misure urgenti da attuare, dati economici tutt’altro che incoraggianti e critiche da rispedire al mittente, arrivano puntuali le osservazioni di Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema sui risultati insoddisfacenti del governo e sulla necessità di separare il ruolo del premier da quello di segretario del Pd. L’opposizione interna, dopo lo sbandamento renziano ai tempi del siluramento di Enrico Letta, prova a riorganizzarsi, a partire dalla festa di Area riformista, in programma a Roma dal 26 al 28 settembre.

E’ fissata per il 28 di settembre anche la prima partita tutta interna all’inner circle renziano. Le primarie in Emilia Romagna con le candidature di Stefano Bonaccini e Matteo Richetti rischiano di diventare una guerra fratricida che può indebolire il fronte dei fedelissimi del presidente del Consiglio. Tutto ciò di cui il premier non ha bisogno in questo momento.


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