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Referendum anti Fiscal Compact: chi firma, chi guarda e chi si defila

Come volevasi dimostrare: il referendum anti austerità è divenuto appannaggio della Cgil, della minoranza del Pd e dei vendoliani di Sel. Non sono bastate le adesioni di Gianni Alemanno (Fratelli d’Italia), la disponibilità di Guido Crosetto (Fratelli d’Italia) e la firma di Daniele Capezzone (Forza Italia) per far cambiare il segno politico all’iniziativa promossa da 16 intellettuali capeggiati dall’economista Gustavo Piga e tra cui compaiono i nomi fra gli altri di Riccardo Realfonzo, Leonardo Becchetti, Mario Baldassarri e Rosella Castellano per abrogare 4 leggi nazionali pilastro dell’austerità.

LA SINISTRA

D’altronde la connotazione politica, come evidenziato da Formiche.net, era chiara fin dall’inizio, vista la presenza nel comitato promotore di un uomo chiave della Cgil come Danilo Barbi che nella segreteria confederale del sindacato guidato da Susanna Camusso si occupa di politiche macroeconomiche. Una connotazione che nel corso delle settimane è diventata partitica – pur nascendo asettica e tecnica – vista l’adesione massiccia di esponenti e parlamentari della minoranza Pd, dei vendoliani di Sel, degli ex vendoliani che hanno dato vita a Led capeggiati da Gennaro Migliore.

I NUMERI

Cinquantaquattro parlamentari del Pd, alcuni dei quali hanno annunciato un emendamento sulle riforme per eliminare l’obbligo del pareggio di bilancio, hanno aderito al Comitato parlamentare di sostegno al referendum per abrogare la legge attuativa del Fiscal compact, varata nel 2012 sotto il governo Monti. Il termine per raccogliere le 500.000 firme scade il 30 settembre, spiega il presidente del Comitato promotore, Gustavo Piga, ma grazie al sostegno della Cgil l’obiettivo è a portata di mano.

IN PARLAMENTO

Ma a smuovere le acque della politica ecco che si è formato un Comitato parlamentare di sostegno al referendum, che annovera 95 senatori e deputati: i 30 parlamentari di Sel, i 10 di Led (usciti da Sel con Gennaro Migliore) e Federico Fautilli di Per l’Italia.
E rilevante è la partecipazione di 54 esponenti della minoranza bersaniana del Pd, come Stefano Fassina, Giuseppe Lauricella e Alfredo D’Attorre che martedì hanno annunciato l’emendamento al Ddl sulle riforme per abrogare il pareggio di bilancio dall’articolo 81 della Costituzione; ma anche quasi tutti i senatori che a luglio si sono battuti contro la riforma del Senato, ai quali si aggiungono altri bersaniani che invece hanno votato a favore del Ddl del governo (come Maurizio Migliavacca e Miguel Gotor).

CENTRODESTRA EVANESCENTE

Spicca dunque la scarsa presenza di personalità ed esponenti dei movimenti di centrodestra che pure sono stati contattati per firme, sostegno e finanziamenti da parte del comitato promotore. Ma al di là di alcune singole prese di posizione, dai movimenti moderati (anche quelli più anti austerità a parole, come Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega) si è preferita l’atarassia o il rifugiarsi in una sterile anche se fruttuosa elettoralmente bandiera anti euro.

SILENZIO DA ARCORE

Eppure uno spiraglio era sorto dopo un commento di Piga ospitato dal quotidiano il Giornale. Piga invitava il centrodestra a unirsi ufficialmente nella battaglia per l’abrogazione di alcune leggi nazionali pilastro del Fiscal Compact di emanazione europea. Dopo un primo interessamento informale di Renato Brunetta, presidente del gruppo di Forza Italia alla Camera e punto di riferimento per le questioni economiche, da Arcore non è arrivata alcuna indicazione pro referendum (per non dire che c’è stato un niet) e dunque il movimento di Silvio Berlusconi ha di fatto lasciato la bandiera referendaria anti austerità e anti Fiscal Compact nelle mani della Cgil, della minoranza Pd, di Sel e di Led.

Una occasione sprecata o una scelta lungimirante? Si vedrà.

LO SPECIALE DI FORMICHE.NET SUL REFERENDUM ANTI FISCAL COMPACT



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