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Sciopero delle forze dell’ordine, settembre nero per Renzi

Sciopero annunciato per la prima volta degli statali e di tutte le forze dell’ordine per la minaccia del blocco degli aumenti degli stipendi. Non ho un ricordo di uno sciopero generalizzato di tutti i dipendenti pubblici statali e, soprattutto, di tutte le forze dell’ordine.

Secondo la teoria dei quattro Stati è dunque il secondo, quello dei diversamente tutelati che si muove, annunciando quello che, non a caso, avevamo indicato come un possibile “Settembre nero”.

Non si scompone il primo Stato, quello della casta, di quell’oltre milione di persone che vivono su, tra e per i diversi rami della politica e delle strutture ad essa collegate, mentre non sentono, ovviamente, ancora la morsa quei diversamente tutelati nella sezione più alta della grande burocrazia amministrativa, a partire da quella della magistratura e dell’alta dirigenza pubblica.

Soffrono quelli del secondo Stato, anche se a differenza di quelli del terzo, hanno comunque il posto assicurato. Certo i loro contratti, nel caso degli statali, sono fermi da quattro anni e il ministro Madia ha annunciato l’ulteriore blocco, ma vuoi mettere con i dipendenti del settore privato a costante rischio di licenziamento?

Tace ancora il terzo Stato, quello dei piccoli e medi produttori e loro dipendenti, degli agricoltori, artigiani, commercianti e liberi professionisti, anche se con l’accumularsi delle scadenze fiscali e contributive del trimestre, dopo il pagamento rateizzato si profila il rischio dello sciopero fiscale per assoluta indisponibilità finanziaria.

E’ la classe che produce la pressoché totale quantità della ricchezza nazionale, il PIL il cui valore decrescente rende sempre più arduo rispettare quel famigerato fiscal compact, frutto di regolamenti comunitari farlocchi, irresponsabilmente redatti e accettati a suo tempo e altrettanto irresponsabilmente non denunciati anche dall’attuale governo.

Manca al terzo Stato un riferimento politico di possibile e credibile rappresentanza e, non a caso, è proprio il terzo Stato quello che ha ingrossato il vasto schieramento dei non votanti alle ultime elezioni. Sono quelli numericamente più numerosi; quelli che producono di più e contano meno, a differenza di quelli del primo stato, i signori della casta e dei proficuamente tutelati della seconda, che sono di meno, producono assai poco, anche in termini di efficienza ed efficacia dei servizi, e contano più di tutti.

Sin qui sono passati dalla fiducia nel “sogno liberale” di Berlusconi e nel separatismo della Lega, al voto di protesta grillino e nell’astensionismo. Come ha detto, però, Angeletti, ieri al festival dell’Unità di Bologna, riferendosi però agli statali, anche per il terzo stato “si è superata la soglia di accettazione del dolore”. Dopo il disimpegno, la fuga e i drammatici episodi dei suicidi, temo che possa scattare la rivolta. Il mulo è stanco di tirare la carretta e solo che qualcuno ne sappia indicare la via, potrebbe scalciare.

Matteo Renzi il tempo delle slide e delle televendite sta per finire e qui e ora “si parrà la tua nobilitate”.

Ettore Bonalberti


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