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I miei dubbi sull’inchiesta contro Richetti e Bonaccini. Parla Stefano Menichini

Peculato. È il capo di accusa con cui la Procura di Bologna, nell’ambito dell’inchiesta sull’utilizzo arbitrario dei fondi pubblici attribuiti ai gruppi politici dell’assemblea regionale, ha iscritto nel registro degli indagati Matteo Richetti e Stefano Bonaccini. I front-runner delle elezioni primarie per scegliere il candidato governatore del Partito democratico nella primavera 2015 hanno reagito in modo contrapposto all’iniziativa giudiziaria. Il primo ritirandosi dalla corsa, il secondo restando in gara “pronto a fare chiarezza con la magistratura”.

Per capire i riflessi politici nazionali della tempesta giudiziaria che ha investito il Pd in Emilia-Romagna Formiche.net ha sentito il direttore del quotidiano Europa Stefano Menichini che nel suo editoriale odierno parla di “Regione governata dalle procure”.

Il “giustizialismo rottamatorio” sta divorando i rottamatori renziani puri e duri come Matteo Richetti?

No. Non vedo un nesso fra tasso di renzismo, problemi giudiziari e reazioni dei singoli. Vi è semmai un tema di merito, che attiene alle accuse rivolte nei confronti dei due principali candidati nelle primarie del Partito democratico in Emilia-Romagna. Ma ciò che rileva di più è un altro fattore.

Quale?

Il rapporto complessivo tra giustizia e politica, ancora non risolto. Mi sento libero e fiero di dire, con il giornale Europa, che nei vent’anni di scontro duro tra Silvio Berlusconi e i magistrati noi non ci siamo mai accodati al giustizialismo. Fenomeno che ha avvelenato la vita politica italiana per troppo tempo.

L’iscrizione nel registro degli indagati di Richetti è un segnale lanciato a Matteo Renzi per la riforma della giustizia non gradita all’Anm?

Non credo i giudici facciano questo tipo di ragionamento, convinto come sono della loro indipendenza. Mi rammarico che il dibattito pubblico sul cambiamento del pianeta giustizia e sulla limitazione dei privilegi delle toghe debba svolgersi in tale contesto. Ma rifuggo da ogni automatismo. Al di là dell’indagine della Procura di Bologna, l’aspetto più grave consiste nei casi di protagonismo di certi giudici. Che ha colpito e reso impossibile il lavoro di amministratori locali capaci tramite inchieste rivelatesi scarsamente rilevanti.

Riscontra anomalie nell’iniziativa giudiziaria bolognese?

È evidente che in presenza di un sospetto di illegalità la magistratura deve procedere rapidamente. Ma l’inchiesta della Procura di Bologna è partita due anni fa. C’è voluto tutto questo tempo per formalizzare le accuse di peculato a carico dei consiglieri regionali?

Richetti ha compiuto la scelta giusta o doveva sfidare i magistrati?

Nelle opposte reazioni dei due candidati del Pd alle primarie per le elezioni regionali vi è senza dubbio una differenza di carattere. Richetti ha pensato che l’esposizione mediatico-giudiziaria sarebbe stata eccessiva. Bonaccini forse nutre grande sicurezza nel risultato elettorale.

Ma così ha prevalso l’establishment…

Non assimilerei Stefano Bonaccini alla “vecchia guardia” del Nazareno. È stato uno dei protagonisti, durante l’estate 2013, nell’accompagnare il premier nei bagni di folla delle Feste dell’Unità. Ed è riuscito a compiere l’operazione auspicata dallo stesso Renzi: ricongiungere il nuovo Pd al Pd di prima. Un’iniziativa giusta, che in una realtà come l’Emilia-Romagna presenta un rischio inevitabile di conservazione e burocratizzazione. Scenario che Richetti aveva scelto di sfidare.

Gianfranco Pasquino ritiene i consiglieri regionali non adatti a ricoprire il ruolo di senatori come previsto nella riforma Renzi-Boschi.

Mi sembra un’offesa priva di senso verso tanti consiglieri regionali onestissimi. I quali svolgono un lavoro non molto apprezzato e riconosciuto dall’opinione pubblica, compresi i politologi come Pasquino. Nell’assemblea emiliana Richetti e Bonaccini hanno operato bene sui tagli e il ridimensionamento dei costi della politica, anticipando la direzione di marcia poi assunta a livello nazionale. E posso affermare di averli visti spesso guidare la loro macchina da soli e per chilometri.



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