Non s’era mai visto uno scontro così tosto fra il leader del principale sindacato storicamente di sinistra e un premier di sinistra, pardon di centrosinistra, come quello andato in onda ieri in Italia.
Ma evidentemente Matteo Renzi, scaraventando su Susanna Camusso un video di poco più di 2 minuti, ha voluto confermare che intende davvero spezzare le catene che tengono imprigionate la sinistra, come certificato nel libro del giornalista del Foglio, Claudio Cerasa.
La tattica usata dal premier, comunque, rientra nella strategia più ampia secondo cui molti nemici-molto onore. E i nemici Renzi li seleziona con oculatezza: sindacalisti parolai, burocrati statali, magistrati manettari e vacanzieri, salotti più o meno buoni. Praticamente l’humus elettorale del Pd.
Però evidentemente, cercando di frantumare le catene, Renzi sta trasfigurando lentamente il Pd in un partito sempre più liberal e sempre meno ideologico. Una bella – anzi mortale – sfida per il centrodestra. Che invece, sghignazzando come si fa in Forza Italia per le sberle renziane alla Cgil, o esultando come si fa nel Nuovo Centrodestra per il superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (niente reintegro in caso di licenziamento illegittimo), non si rende conto di quanto Renzi stia tagliando l’erba politica e ideale sotto i loro piedi.
Se si tolgono le bende che non fanno vedere la realtà, i movimenti di centrodestra non potranno riconoscere quanti annunci, provvedimenti, progetti o buone intenzione di Renzi siano ben poco tipici della sinistra tradizionale. Parliamoci chiaro: per un decennio, anzi di più, il centrodestra ha ciarlato sulla troppa invasività dei sindacati ma è stato il governo Renzi a dimezzare i permessi sindacali nella pubblica amministrazione; per decenni e anche più il centrodestra ha evocato un rapporto più semplice tra cittadino e fisco, e il governo Renzi dal prossimo anno sta lavorando alla dichiarazione pre compilata dei redditi dei lavoratori dipendenti; da un ventennio il centrodestra promette di rottamare l’articolo 18 (qui un istruttivo ricordo personale…) e poi è un segretario del Pd che da Palazzo Chigi sta per realizzare quell’obiettivo.
Certo sono tre esempi, molte delle riforme renziane annunciate dovranno passare il vaglio parlamentare dove i non renziani del Pd si faranno sentire, l’asfissiante pressione fiscale castra consumi e investimenti di cittadini e imprese. Ok. Ma la baruffa fra Renzi e Camusso non è destinata a essere accantonata con una stretta di mano. Così come non si può pensare che aggirando o accantonando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori le aziende con più di 15 dipendenti inizieranno ad assumere in quantità industriale e i gruppi esteri caleranno a frotte per investire in Italia.
Si può anche gioire e gongolare per la baruffa Renzi-Camusso, ma le riforme consigliate da Berlino, Francoforte e Bruxelles non sempre sono la panacea dei mali. Invece – specie con recessione conclamata, deflazione in corso, calo dei consumi, disoccupazione in aumento e investimenti che languono – le mirabolanti e miracolose riforme invocate dalle istituzioni europee e internazionali possono solo peggiorare la situazione. A proposito, fino al 25 settembre si può firmare per i referendum contro le leggi nazionali improntate all’austerità. Qui l’appello.
Insomma, rottamiamo pure l’articolo 18. Ma quando si rottama il Fiscal Compact?
ECCO GLI APPROFONDIMENTI DI FORMICHE.NET SULL’ARTICOLO 18:
Michele Magno commenta l’articolo 18 in salsa renziana
Articolo 18, a cosa puntano ora Fassina e Damiano. Il commento di Giuliano Cazzola
Vi spiego perché l’opera di Renzi e Sacconi sull’articolo 18 è cosa buona e giusta. L’analisi di Giuliano Cazzola.
Michele Tiraboschi analizza i reali effetti di una eventuale abolizione dell’articolo 18: Renzi ha già vinto la prova di forza contro i sindacati, dice il giuslavorista allievo di Marco Biagi
Perché Renzi non può non rottamare l’articolo 18. L’analisi di Stefano Cingolani
Che cosa penso dell’articolo 18 e non solo. L’analisi di Alessandra Servidori
Silvia Spattini (centro studi Adapt) spiega il modello tedesco sul lavoro che l’Italia vuole emulare
Vi spiego perché l’articolo 18 non difende i lavoratori. Il commento di Pierluigi Magnaschi
Fernando Liuzzi ricostruisce genesi, portata ed effetti reali dell’articolo 18
Vi spiego come funziona il mercato tedesco del lavoro. Parla Angelo Bolaffi
Articolo 18: totem, tabù e bufale. Il corsivo di Michele Arnese