Stop alle sanzioni alla Russia, perché “non servono a niente”, se non a regalare importanti quote di mercato e lauti guadagni a Cina, Sud Africa e Corea del Sud.
A lanciare la proposta è stato il presidente di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico, in occasione di un seminario sulle relazioni economiche e industriali tra Italia e Russia, organizzato ieri a Torino dall’associazione da lui presieduta Conoscere Eurasia, in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Banca Intesa Russia.
Evoca persino la terza guerra mondiale Fallico: la banca che guida gestisce il 57% degli scambi tra Italia e Russia. Un business non da poco, visto che l’anno scorso tra il nostro Paese e la Russia ci sono stati scambi commerciali per 31 miliardi di euro. “Dobbiamo smettere di mostrare i muscoli e smetterla con le sanzioni – ha detto – in un’escalation che potrebbe portare alla terza guerra mondiale”.
Ma senza arrivare a scenari geopolitici apocalittici, dietro l’angolo c’è la doccia fredda del calo a doppia cifra dell’export italiano verso la Russia: “Da gennaio a giugno 2014 il nostro export è calato dell’8%, solo a giugno ha segnato -18%, -16,3% ad agosto”, ha detto Fallico, ricordando che l’Italia è il quarto partner mondiale della Russia.
A far tremare il made in Italy non c’è solo l’agroalimentare su cui grava un embargo che per l’Italia si è tradotto per ora in una perdita da 700 milioni di euro. Ci sono almeno altri due spauracchi all’orizzonte ha spiegato Fallico: “Il potenziale impatto sulle esportazioni italiane di beni capitali, dato dai provvedimenti di embargo alla vendita di tecnologie per l’esplorazione petrolifera e, ancora, le restrizioni dei finanziamenti a importanti banche e società”. Per intenderci le sanzioni spingono le grandi imprese russe verso le banche svizzere, austriache, coreane e cinesi.
Senza contare che il 40% delle nostre esportazioni verso Mosca (4 miliardi di euro l’anno) è rappresentato da macchinari e mezzi di trasporto.
L’ambasciatore russo in Italia, Sergei Razov, a Torino, durante lo stesso seminario, si è detto fiducioso che la diplomazia saprà smussare gli angoli, proprio alla luce degli ottimi rapporti con l’Italia fin dai tempi della Guerra Fredda. Ma poi dal suo intervento è emerso un quadro che di ottimistico ha ben poco. Intanto sull’onda delle sanzioni sull’onda delle sanzioni “i rapporti bilaterali con la Cina hanno trovato un nuovo impulso nel settore tecnologico e industriale”.
Se i Paesi occidentali continueranno nell’escalation di sanzioni, la Russia reagirà e i provvedimenti occidentali si riveleranno un “boomerang per l’economia europea”. “L’escalation di sanzioni nei confronti della Russia ha perso ogni base logica, rispetto alla crisi in Ucraina, ed è illogico che queste sanzioni siano arrivate una settimana dopo i negoziati di Minsk – ha osservato – La vicenda assomiglia ad un treno in discesa che procede senza freni. Se i partner occidentali continueranno con le sanzioni, non abbiamo scelta. Reagiremo”.
Il pensiero corre all’inverno alle porte, visto il livello di dipendenza dal gas russo di Italia ed Europa. E Razov rassicura: “Nessuno sta pianificando di chiudere il gas all’Ue. Le forniture di gas e petrolio portano molti guadagni alla Russia, anche al governo. Nessuna persona sana di mente vuole ridurre questi guadagni – ha concluso Razov – Gazprom è da sempre partner affidabile e la Russia è garante della sicurezza energetica dell’Unione europea; per questo è previsto a breve un vertice trilaterale tra Ucraina, Russia ed Europa”. Il vero nodo è infatti il transito del gas russo sul territorio ucraino. “E tra le questioni – spiega l’ambasciatore – c’è la bassa capacità del’Ucraina di pagare il gas russo”. La Russia quindi non chiuderà i rubinetti del gas, resta da capire a quale prezzo.