Il 30 settembre il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha adottato a maggioranza una delibera che ha stabilito i criteri per la determinazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico (MISE), dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze televisive terrestri.
A favore della delibera avrebbero votato i commissari Antonio Martusciello, Francesco Posteraro e Antonio Preto. Contrario si sarebbe espresso il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani. Mentre secondo i rilievi del Fatto Quotidiano, il commissario Antonio Nicita, che ad agosto si era detto favorevole alla delibera, si sarebbe invece astenuto.
La decisione dell’Agcom ha sollevato polemiche per lo sconto milionario previsto per Rai e Mediaset sul canone per la concessione delle frequenze.
Sentito da Formiche.net il commissario dell’Autorità di garanzia per le Comunicazioni, Antonio Martusciello, ribatte così alle considerazioni dei critici carte e norme alla mano.
Facciamo chiarezza innanzitutto. Che cosa prevedeva il vecchio quadro normativo?
Nel previgente regime contributivo per le concessioni televisive analogiche di cui alla legge 6 agosto 1990, n. 223, l’importo dei canoni annui è stato fissato all’articolo 27, comma 9, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (c.d. “Finanziaria 2000”), secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale 23 ottobre 2000, nella misura pari all’1% del fatturato derivante da attività televisiva (pubblicità, televendite, canone di abbonamento al servizio pubblico).
Cos’è avvenuto poi con il passaggio al digitale?
Alla fine del processo di transizione alla tecnica digitale al posto di un unico soggetto (il concessionario), si hanno tre soggetti differenti (l’operatore di rete, il fornitore di servizi media audiovisivi ed il fornitore di servizi della società dell’informazione) ciascuno titolare di un distinto titolo abilitativo. In questo nuovo scenario, si innesta il decreto-legge n. 16/2012, varato dal Governo Monti che ha previsto, all’art.3-quinquies, che debbano essere versati contributi da parte dei soggetti assegnatari delle frequenze, che dopo il passaggio alla tecnologia digitale sono gli operatori di rete.
Nel nuovo regime normativo il soggetto passivo d’imposta è dunque diverso, non è più l’emittente concessionaria (con il suo fatturato) ma il solo operatore di rete.
Come sono ripartiti i compiti tra Agcom e MiSE?
Il citato art. 3-quinquies, comma 4, del d.l. n. 16/2012 in combinato disposto con l’articolo 35 del Codice delle Comunicazioni elettroniche, stabilisce che il Ministero fissa i contributi per la concessione dei diritti d’uso delle frequenze radio sulla base dei criteri stabiliti dall’Autorità. A tal fine, il medesimo art. 3-quinquies, comma 4, prevede che l’Autorità, nell’assolvimento di tale compito, debba attenersi ai seguenti criteri: promozione del pluralismo, uso efficiente e valorizzazione dello spettro, ragionevolezza, proporzionalità, non discriminazione.
Queste disposizioni normative, circoscrivono dunque il compito dell’Autorità alla sola adozione dei criteri per la determinazione del contributo per la concessione dei diritti d’uso delle frequenze radio, mentre la fissazione in concreto della misura del contributo è rimessa ai competenti organi di Governo (Ministero dello sviluppo economico).
In che modo è stato stabilito allora l’ammontare del gettito?
L’art. 3-quinquies, comma 7, sancisce che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica. L’Autorità ha interpretato in modo particolarmente rigoroso questo principio, declinando criteri che potranno consentire ai competenti organi di Governo di fissare un livello di contribuzione che garantirà una parità di gettito rispetto al regime previgente.
Con una lettera del 18 luglio, la Commissione europea ha invitato l’Autorità a rispettare le pari opportunità tra gli operatori economici, evitando che “il nuovo sistema di contributi comporti condizioni più gravose per i nuovi entranti o nuovi vantaggi per i soggetti esistenti, ulteriori a quelli che hanno ottenuto per effetto delle passate violazioni”. Come si è mossa l’Agcom?
L’Autorità in adempimento del dovere di leale cooperazione di cui all’articolo 4 (3) del Trattato sull’Unione europea, ha tenuto nella massima considerazione le osservazioni formulate dalla Commissione europea nella lettera del 18 luglio 2014 circa i vantaggi che hanno conseguito nel passato alcuni operatori verticalmente integrati che detengono un numero significativo di multiplex. Pertanto l’Autorità ha introdotto nel modello di determinazione dei contributi alcuni elementi di differenziazione, validi per un periodo transitorio, tra i due operatori che detenevano il maggior numero di multiplex alla data del completamento del passaggio dalla tecnica di trasmissione analogica a quella digitale e gli altri operatori di rete.