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Vi spiego perché non ci si può fidare della Cina. Parla il prof. Sapelli

I nuovi accordi firmati a Roma dal premier Matteo Renzi e dal suo omologo cinese Li Keqiang aprono la strada a una maggiore presenza di Pechino in Italia, suggellata dal vertice euroasiatico in programma oggi e domani a Milano.

L’Italia, da un’inchiesta del Financial Times, è infatti al primo posto nelle mire di espansione della Cina. In particolare Pechino starebbe passando da investimenti nelle economie emergenti a quelle mature e scommetterebbe sull’Europa (in Italia l’Heritage Foundation li ha stimati nel 6,9% del totale regionale).

Cosa attendersi da questa esuberanza? E quali le ripercussioni sul nostro Paese e sull’Europa? Aspetti analizzati in una conversazione con Formiche.net dallo storico ed economista Giulio Sapelli, dal 1996 al 2002 nel cda del Cane a sei zampe, dal 1994 ricercatore emerito presso la Fondazione Eni Enrico Mattei e autore del pamphlet “Dove va il mondo” (edizione Guerini).

Professore, il vertice Asia-Europa di Milano si svolge in uno dei momenti più caldi delle relazioni tra Usa e Cina. Cosa accade? Il Vecchio Continente è il nuovo campo di battaglia su cui si combatte la nuova guerra fredda?

Il clima è arroventato. La ragione risiede nel fatto che in passato, quando ancora c’erano le condizioni per farlo, non si è proceduto a fare ordine nel complesso panorama asiatico, che rischia di essere oggi la maggiore fonte di instabilità mondiale. Nella mancanza di ordine, una potenza dall’indole coloniale e aggressiva come la Cina alza la testa, generando tensioni che crescono. In tutto questo, il vertice Asem è bene che si svolga a Milano, perché il dialogo fa sempre bene, ma produrrà ben poco, se non qualche accordo bilaterale. Il problema è che manca una leadership, tanto in Asia, quanto in Europa. Ecco perché il Trattato di libero scambio transatlantico, il Ttip, non può essere derubricato a un semplice accordo commerciale, ma riveste un significato strategico. Il Vecchio Continente non è una forza militare e deve comprendere che se non farà fronte comune con gli Usa rischia di soccombere.

Si riferisce allo shopping cinese in Italia? Nell’ultima visita del premier Li Keqiang sono stati siglati nuovi venti accordi.

Pechino usa l’enorme liquidità a sua disposizione per appropriarsi di tecnologia e intelligenze. Sa bene che gli Usa chiudono le porte, quindi lo fa in Europa, dove ci sono maggiori difficoltà economiche e dove è più facile penetrare. In questo disegno, ovviamente, l’Italia è presente, perché vulnerabile.

Come si concilia la forte intesa con la Cina con il sostegno incondizionato di Matteo Renzi al Ttip? L’eclettismo renziano ricorda un po’ quello di Berlusconi, amico contemporaneamente di Bush e di Putin?

Direi che ci sono molte analogie tra i due sul fronte della politica estera. D’altronde entrambi non hanno fatto che proseguire una linea portata avanti in passato dalla Dc e dalla Fiat, oggi dal Vaticano e dall’Eni. Renzi prosegue una lunga tradizione di buoni rapporti sia con gli Usa sia con la Russia. Quanto alla Cina sono invece incerto. Bene gli investimenti, senza dubbio, ma non in settori strategici come Snam e Terna. E spero nemmeno in Saipem.

Per quale ragione l’Italia non dovrebbe lasciare troppo spazio alla Cina?

C’è un dato di fatto. La Cina è una potenza dittatoriale, che controlla da vicino ogni aspetto della vita dei suoi cittadini. Ciò rende difficile anche l’integrazione tra le nostre culture. Un grande ostacolo che dovrebbe essere superato prima di poter provare fiducia.


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