Skip to main content

La destra che manca in Italia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

“La destra che non c’è” titolava Il Foglio una settimana fa descrivendo il disordinato accampamento del centrodestra italiano. Una sentenza implacabile che certifica una assenza tanto reale quanto amara. Un verdetto che ha avuto l’ulteriore bollinatura di Berlusconi, il quale su Il Giornale rinsalda il patto del Nazareno e apre ai diritti civili. Eppure l’impressione è che il verbo giusto non sia il non essere, ma il mancare. La necessità, oggi insoddisfatta, di una destra come terza via tra Matteo Renzi e Matteo Salvini sarebbe un un toccasana per il Paese.

Certo la via di una proposta simile è complessa e accidentata: anche un evento fresco come Sveglia Centrodestra! dove decine di persona hanno provato a tracciare un percorso per la ricostruzione ha dovuto fare i conti con le miopie, i tatticismi, la mestizia di una classe politica debilitata e, nella maggior parte dei casi, lontana dalla realtà.

Come può allora un’offerta politica incunearsi nello stretto spazio tra il mare magnum di Renzi e l’isola fortificata di Matteo Salvini? Prima di tutto: se deve essere destra, sia destra anti-tasse. Lo sia in modo serio: per ogni euro di tasse in meno un euro di spesa pubblica in meno. Basta deficit, ridurre il debito pubblico sotto il 100%, sventrare la pubblica amministrazione. Si parli di più ai baristi italiani scappati a Londra, agli imprenditori che hanno portato via la propria impresa, al milione di partite IVA e non ai dipendenti pubblici. Serve, inoltre, uno shock fiscale vero, una riduzione drastica a seguito di un piano serio di dismissione della spesa pubblica. Renzi si esercita nella manutenzione, serve una destra che punti sulla rivoluzione dello Stato italiano.

Secondo luogo, questione europea. C’è anche qui una flebile ma percorribile via tra il populismo anti-euro e l’ortodossia sbilenca dei due maggiori partiti. Più che euro scetticismo, serve euro realismo. L’Europa è necessaria perché ha garantito pace, liberi commerci, libera circolazione, ma con questi meccanismi istituzionali non può durare a lungo. Tenere l’Euro, rafforzare il mercato unico, liberarsi della burocrazia prodotta da Bruxelles, semplificare le procedure legislative, rivedere le competenze dell’Unione. Costruire una confederazione e non un super Stato. Per farlo, inutile girarci intorno, bisogna riaprire i Trattati: cambiare le regole sull’immigrazione, ridisegnare le competenze e chiarificarle ridurre i sussidi europei. Quella che il Professor Guarino definisce una istituzione “robotizzata” va cambiata e semplificata per sopravvivere. Magari triangolando con i paesi del nord e dell’est per vincere le resistenze tedesche.

Terzo: ribaltare la Costituzione italiana. Ritrovare la sovranità politica con una riforma semipresidenziale che garantisca governabilità, elezione diretta del Presidente, continuità nell’assetto istituzionale. A questo si aggiunga la riforma del titolo V con una separazione netta delle competenze tra i vali livelli di governo. Infine, le Regioni e l’opposizione a qualsiasi taglio di spesa. Che fare? Così sono sostanzialmente inutili. dei bancomat per speculare sui patrimoni dei cittadini al fine di mantenere un apparato pubblico pesante ed eccessivo. O si aboliscono in favore di un federalismo comunale o provinciale o si trasformano in senso realmente federale o si trasformano in macro-Regioni dotandole di maggiore responsabilità impositiva e, quindi, politica. La seconda via è già stata tentata senza successo ed in un Paese fortemente comunale e centralista è forse troppo azzardata. Restano le altre due: se ne scelga una, ma si cambi.

Tutto questo si può fare, ma avviando un processo ineludibile di rinnovamento. Non esiste la credibilità politica verso gli elettori per gran parte della classe dirigente del centrodestra. Dunque? Avviare subito una campagna per le primarie a tutti i livelli sui territori. Serve una spinta dal basso, dall’amministrazione locale. Insieme ad una spinta dall’alto su politiche ed idee. Farla con chi è disposto a mettere la faccia nella costruzione di un soggetto nettamente alternativo al Partito Democratico che parta da un nuovo metodo nella selezione della classe dirigente. Idee e metodo portate tra le persone e nei territori. Prima che sia troppo tardi, prima che tutto venga raso al suolo, prima che i due Matteo cannibalizzino i brandelli dello spazio moderato. Prima, soprattutto, che la Troika occupi le leve del comando definitivamente.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter