Chi sono i vertici del partito laico Nidaa Tounes freschi vincitori delle elezioni tunisine? Come gestiranno il potere dall’alto degli 83 seggi conquistati (38%)?
A capo del partito Béji Caïd Essebsi, classe 1926, un politico di lungo corso che ha attraversato tutte le fasi dello sviluppo democratico tunisino, compresa quella della dittatura di Ben Alì.
VITA
Nato a Sidi Bou Said, è pronipote di Ismail Caid Essebsi, un mamelucco di corsari tunisini. Primo ministro per un breve periodo (dal 27 febbraio al dicembre 2011) ricopre anche il ruolo di Ministro degli Affari Esteri. Studia legge a Parigi dove inizia la carriera forense nel 1952 difendendo alcuni attivisti. Dopo l’indipendenza della Tunisia nel 1956, entra a far parte dello staff del primo ministro Habib Bourguiba.
CARRIERA
Dal 1957 al 1971 svolge vari incarichi di rilievo come direttore dell’amministrazione regionale, direttore generale della Sûreté Nationale, ministro dell’Interno, Ministro Delegato alla Presidenza del Consiglio, ministro della difesa e poi ambasciatore a Parigi. Dall’ottobre 1971 al gennaio 1972 sostiene una maggiore democrazia in Tunisia per questo si dimette e lascia il Paese. Nel 1981 torna al governo sotto Mohamed Mzali come Ministro degli Affari Esteri. Nel 1987, è nominato ambasciatore in Germania. Dal 1990 al 1991 è Presidente della Camera dei Deputati.
GELSOMINI
La svolta è nel 2011, quando diventa primo ministro dopo Mohamed Ghannouchi ma fa un passo indietro nel bel mezzo della rivoluzione tunisina, quando il presidente ad interim Moncef Marzouki, eletto dalla Costituente, designa Hamadi Jebali del movimento islamista Ennahda, che aveva vinto le elezioni tenute nel mese di ottobre. Secondo molti analisti, l’88enne che ha fondato il partito laico nel 2012 riunisce i professionisti del sindacato, i conservatori e gli ex membri del RCD, il partito ormai defunto dell’ex dittatore Zine al-Abidine Ben Ali.
LEGGE
Lo scorso primo maggio l’Assemblea Nazionale Costituente accoglie con favore l’approvazione della nuova legge elettorale dopo la promulgazione della Costituzione nata nel gennaio del 2014. In quel frangente la giovane democrazia tunisina fa un passo decisivo vero una riabilitazione democratica, anche se molti sono quelli che puntano il dito contro la nuova legge elettorale che ha consentito ai “devoti di Ben Ali di candidarsi alle elezioni grazie ai voti del partito islamista Ennahda”. Una stranezza politica decisa al quinto piano del quartier generale di Montplaisir. Il leader Rached Ghannouchi in quell’occasione assicura una chanche “a favore degli aguzzini ieri” osservavano gli oppositori del regime. Un riferimento velato anche al nuovo leader di Nidaa Tounes.
SCENARI
Collaborazione a 360 gradi o solo parziale? E’questo l’interrogativo che circola nelle ultime ore a Tunisi, soprattutto dopo che i vertici di Ennahda hanno ampiamente e serenamente riconosciuto la sconfitta. E’stato lo stesso numero uno Rachid Ghannouchi a farlo su twitter, ma oggi il nodo è un altro: come rimettere in piedi l’economia traballante del Paese? La risposta l’ha fornita a urne chiuse Ahmed Gaaloul, un dirigente di Ennahda. Ha ammesso ad Al Jazeera che la maggior parte dei governi post primavere arabe si trovano in grandi difficoltà, semplicemente perché “le aspettative della gente sono più alte dopo la rivoluzione”. Come dire che la soluzione più che in manovre solo di natura economica starà in strategie politiche e soprattutto sociali.
SITUAZIONE
Al netto di urne chiuse e di strategie governative la tensione resta comunque alta nel Paese. Due giorni prima delle elezioni l’ennesimo bagno di sangue, con sei persone rimaste uccise in una casa nei pressi di Tunisi, dove un gruppo armato è stato sbaragliato dai militari con un blitz. Le autorità hanno espresso i loro timori circa le intromissioni jihadiste in Tunisia, accusate di voler interferire con le elezioni. Uno degli uomini arrestati è un membro attivo di Ansar asharia, organizzazione terroristica classificata da Washington dedita alla preparazione di azioni terroristiche nel sud del Paese. Il gruppo era stato precedentemente “attivo” a Nabeul (a nord) nel tentativo di inviare tunisini in Siria e in Libia, come dimostra il mega flusso di cittadini e studenti che tentato la strada dell’aggregazione all‘Isis (tra i 2000 e i 3000). Un passaggio su cui il vincitore delle elezioni avrà molto da lavorare.
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