Inchieste e interrogativi da anni attanagliano la Terra dei fuochi. Da dove e perché nascono gli incendi ? Che cosa sta bruciando? Da dove vengono le scorie? Chi sono i responsabili? Perché non si è provveduto a smaltire i rifiuti legalmente?
A queste domande padre Francesco Occhetta, che si è recato più volte sul luogo, ne aggiunge un’altra di carattere culturale: “È possibile bonificare la terra dei fuochi anche a livello culturale, perché le persone che la abitano possano ritornare a vivere senza paura?”.
LO STUDIO
L’interrogativo ispira l’ultimo numero del quindicinale dei gesuiti La Civiltà Cattolica, dove Occhetta racconta origini e dinamiche di “un progetto criminale silenzioso pensato nei minimi particolari ed eseguito a regola d’arte”, con cui tra roghi, cave di rifiuti e business illegale “la camorra ha costruito un mercato che continua a garantire l’intera filiera produttiva del mercato in nero”, si legge su Civiltà Cattolica.
UNA LOTTA IMPARI
Quella raccontata da Occhetta “è la lotta impari tra Golia, pieno di forza e di violenza, capace di seminare paura e ricattare popolazioni intere, e il giovane Davide”, scrive il gesuita ricordando il contributo dei Comitati sorti sul territorio e la voce dei vescovi campani che cercano di scuotere la cultura del territorio, unito a quello dello Stato e del servizio del Corpo forestale.
MENO STRUMENTALIZZAZIONI E PIU’ GARANZIE
Un dramma però da non strumentalizzare: “I prodotti agricoli coltivati, eccetto casi rari, non sono risultati tossici alle analisi scientifiche”, scrive Occhetta: “È dunque necessario distinguere e discernere ogni volta che si parla della terra dei fuochi, per evitare di speculare o favorire la concorrenza sleale su quei territori presi di mira da campagne spesso diffamatorie”.
A patto che aumentino le garanzie: “Ad esempio, la gestione dell’acqua che richiede «pozzi di emergenza», un prezzo più equo e controlli sistematici sul prodotto agricolo”.
“È utile – prosegue padre Occhetta – che lo Stato crei inoltre una mappa dei luoghi inquinati”. “Ciò che rimane alto – osserva il gesuita – è il tasso di insalubrità della zona e la paura della gente, che si accorge di ammalarsi troppo”.
LA RESPONSABILITA’ DELLO STATO
Che fare ora? “I ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche agricole, alimentari e forestali hanno la responsabilità di garantire partecipazione e informazione certa, attuando i programmi di prevenzione sanitaria e di analisi epidemiologica, perché buona parte dei Comuni interessati sono ancora senza un Osservatorio sui tumori”, sottolinea Occhetta. Ma tutto questo non basta “se non è accompagnato dall’azione sul territorio con una revisione legislativa che ridefinisca i reati ambientali, inasprisca le pene e fornisca mezzi per le indagini”.
VERSO UN CAMBIAMENTO CULTURALE
“La terra dei fuochi non si limita a essere «un luogo», ma è «un fenomeno» di corruzione che si estende all’intero Paese”, si legge sull’articolo. E per Occhetta il tema è soprattutto culturale “e investe la responsabilità dello Stato, le politiche dell’industria, la lotta alla criminalità, fino alla buona pratica delle famiglie chiamate a differenziare la raccolta dei rifiuti”.
Se “bonifica, controllo sanitario, sostegno all’economia, accertamenti per far emergere il lavoro nero”, sono per Occhetta alcune delle parole affidate alla responsabilità politica, il loro “significato richiede un cambiamento culturale che oggi le popolazioni della terra dei fuochi possono garantire”.