La riforma della Curia, messa subito in cantiere dal Papa già un mese dopo l’elezione a successore di Benedetto XVI, stenta a concretizzarsi. Il gruppo degli otto cardinali consiglieri poi diventati nove con l’aggiunta del segretario di Stato Pietro Parolin continua a riunirsi, passa in rassegna competenze di congregazioni e pontifici consigli, studia accorpamenti o abolizioni.
L’OBIETTIVO DELLA RIFORMA
L’obiettivo dichiarato è di arrivare a una nuova costituzione apostolica che mandi in soffitta la Pastor Bonus di Giovanni Paolo II, non più adeguata alle esigenze di oggi. Ci vorrà ancora tempo prima di vedere messa nero su bianco una bozza di documento, intanto però il Papa si muove a prescindere dalle risultanze del lavoro del cosiddetto C9.
IN ATTESA DELLA RIFORMA, SI FANNO LE NOMINE
A dispetto di chi sosteneva che poco o nulla sarebbe mutato prima della grande riforma della Curia, Francesco ha sostituito alcune figure di spicco della curia ratzingeriana, a partire naturalmente dal Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Gli sono stati concessi otto mesi di proroga dal cambio al Soglio di Pietro, nonostante da più parti (primo fra tutti il cardinale americano Timothy Dolan) si chiedesse al Pontefice di fare presto e di pensionare colui che resta camerlengo. Subito dopo, il Papa ha provveduto a sostituire il prefetto della Congregazione per il Clero (Mauro Piacenza) e il segretario generale del Sinodo dei vescovi (Nikola Eterovic).
PROMOVEATUR UT AMOVEATUR
In entrambi i casi, i rimpiazzati non sono stati promossi, bensì destinati a incarichi di minor peso: Piacenza alla Penitenzieria, Eterovic addirittura nunzio in Germania. Contemporaneamente, Bergoglio confermava nei rispettivi incarichi due prelati di peso: Müller alla Dottrina della fede e Filoni all’Evangelizzazione dei popoli. Più tardi, arrivava la conferma per il prefetto della congregazione per i Vescovi, il cardinale Marc Ouellet. Nel frattempo, il Papa provvedeva a rivoluzionare quest’ultimo organismo, sostituendo diversi membri, tra cui i cardinali Angelo Bagnasco e Raymond Burke.
IL SILURAMENTO DI BURKE
Proprio il cardinale americano è l’ultima “vittima” del cambiamento deciso dal Papa: dalla Segnatura apostolica all’Ordine di Malta, a soli 66 anni. Sarebbe errato, però, considerare ciò come una semplice bocciatura per la vicinanza di Burke alla realtà tradizionalista, visto che meno di un anno fa il Pontefice ha chiamato a Roma – assegnandoli un dicastero di primaria importanza e di nuova creazione – il cardinale George Pell, assai vicino a Burke. Qualcuno dice che si sia pentito, che oggi non rifarebbe quella scelta. Come se il Papa non sapesse per tempo orientamenti (teologici, pastorali e liturgici) di un cardinale non certo di secondo piano. Il vaticanista di lungo corso John Thavis ha detto al sito Religion News che “Burke non è più il capo del principale tribunale vaticano”, carica che “dava ai suoi pronunciamenti un surplus d’autorità. In quel senso, anche se diventa un eroe dei conservatori cattolici, sarà una figura di valore minore nel panorama politico vaticano”.
LO SPOIL SYSTEM NELLE CONGREGAZIONI
La modalità scelta per il rinnovo della congregazione per i Vescovi è stata usata anche per la Congregazione del Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Più che al numero uno, il Papa si è occupato di sostituire i quadri intermedi. Così, nelle scorse settimane, sono stati avvicendati i due sottosegretari legati al “vecchio corso”, al posto dei quali è stato nominato un presule molto vicino a mons. Piero Marini, già Maestro delle Celebrazioni liturgiche con Giovanni Paolo II e (per un biennio) Benedetto XVI, padre Corrado Maggioni. E tutto questo mentre è ancora vacante la carica di prefetto, dopo il trasferimento a Valencia del cardinale Antonio Canizares Llovera. Trasferimento annunciato da tempo (Canizares voleva tornare in Spagna e l’aveva già chiesto a Ratzinger), anche se tutti davano per quasi certa l’assegnazione della sede episcopale di Madrid.
CHICAGO E MADRID, IL PAPA DECIDE DA SOLO
Il fatto è che il Papa, spesso e legittimamente, si affida più al suo fiuto nella scelta dei pastori da inviare nelle diocesi che all’iter burocratico previsto dalle norme. Un esempio su tutti, il più eclatante, è quello di Chicago, dove per rimpiazzare il cardinale Francis George ha designato mons. Blase Cupich, semisconosciuto vescovo di Spokane, il cui nome non era quasi mai emerso nelle discussioni degli ultimi mesi seguite al peggioramento delle condizioni di salute di George. Andando a scorrere il curriculum di Cupich e leggendo il profilo che di lui viene offerto dagli “esperti” locali, si scopre che non potrebbero essere più lontane da lui le battaglie urlate a difesa dei cosiddetti princìpi non negoziabili, punto fermo della stragrande maggioranza dell’episcopato americano negli ultimi decenni. Un profilo, quello del neo eletto vescovo, assai simile a quello scelto sempre personalmente da Francesco per la cattedra di Madrid: il vescovo Carlos Osoro Sierra, già a Valencia, su linee non convergenti con quelle del predecessore Rouco Varela.