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Usa pronti a combattere in Irak. Parola di Dempsey

Gli Usa dovrebbero (e potrebbero) presto partecipare ad azioni offensive per riprendere Mosul e altri territori occupati dai terroristi dell’Isis.

La raccomandazione arriva da Martin Dempsey, capo del Joint Chiefs of Staff, lo stato maggiore interforze, e principale consigliere militare del presidente Barack Obama. Nel 2011, il capo di Stato americano aveva onorato uno dei suoi impegni in campagna elettorale, disponendo il ritiro delle truppe dal Paese (una scelta che gli è costata le critiche dell’ex capo della Cia e segretario della Difesa, Leon Panetta).

Da allora molto è cambiato e ha costretto Washington a cambiare i suoi piani. L’avvento dello Stato Islamico ha sconvolto nuovamente gli equilibri in Medio Oriente e in particolare nel territorio di Baghdad. I soldati americani in Irak ci sono tornati già e probabilmente sono destinati ad aumentare, ma finora è stato escluso dalla Casa Bianca un loro impiego in azioni offensive, che, secondo il dibattito già aperto sulla stampa americana, dividerebbe l’opinione pubblica.

AZIONI MIRATE

Per Dempsey, – spiega il New York Times – un numero limitato di militari Usa potrebbe sostenere quelli irakeni nelle azioni più complesse, che non possono essere risolte con l’ausilio dei soli bombardamenti di droni e caccia. Una possibilità che, per il Pentagono, la Casa Bianca sta vagliando.

NUOVE TRUPPE

Solo la settimana scorsa il presidente Obama ha autorizzato il dispiegamento di ulteriori truppe nel Paese, fino ad un massimo di altri 1.500 militari, per un ruolo non di combattimento, ma di addestramento, assistenza e in qualità di consiglieri per le forze armate irachene.

Poco prima, Nbc News, aveva scritto, citando fonti anonime, che la Casa Bianca è preparata a quasi raddoppiare il numero dei militari americani presenti in Iraq, portandolo dagli attuali 1.600 fino a 3mila.


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