Molti disastri, tanti danni, poche risorse. Risultato: cittadini e imprese cornuti e mazziati. E’ una sintesi estrema, di sicuro brutale, ma non troppo lontana dalla realtà.
Si parla degli effetti collaterali delle calamità naturali. In Italia le alluvioni – e non solo le alluvioni – sono purtroppo all’ordine del giorno. Qui non si vuole disquisire su come e perché l’Italia frana, le piogge devastano e i fiumi s’ingrossano. Le pecche di Stato, regioni, enti locali e cittadini ci sono state e ci sono: nessuno nega il dissesto idrogeologico (è bene anche leggere un vecchio saggio come l’imprenditore Carlo Violati). Ma vogliamo guardare avanti?
Certo, si può dire: basta che lo Stato stanzi miliardate di euro per prevenzione, manutenzione e risarcimento dei danni, e tutto si risolve. Ma siccome non crediamo troppo alle favole, meglio essere realisti, dunque pragmatici. Soldi statali a sufficienza non ce ne sono, e non ce ne saranno. E oltre al danno, e l’assenza dello Stato, c’è la beffa: chi – cittadino o azienda – volesse stipulare una polizza privata, si candida a un sicuro salasso: “Il modello volontaristico, da un punto di vista attuariale – spiega un esperto di assicurazioni del settore – non consente di ripartire in maniera sostenibile il rischio assicurativo e comporta alti costi per i cittadini”.
Allora vogliamo discutere di come trovare risorse “alternative” e “complementari”? Bene. Perché non pensare a un sistema misto pubblico-privato?
Da anni le compagnie assicurative riunite nell’Ania lo dicono. Già cinque e passa anni fa uno studio dell’associazione dei gruppi assicurativi raffrontava il sistema italiano sui “danni catastrofali” con quello di altri Paesi europei. L’Italia è in una situazione “eccentrica”, si leggeva: di fatto lo Stato – scrivevano i tecnici del settore – ha assunto tutti gli oneri di ricostruzione post-emergenza, con evidenti “sprechi di risorse”, connessi anche alla mancanza di una cultura preventiva. Il sistema Italia, sosteneva l’Ania, “non è sostenibile nel futuro”, specie “a fronte di una previsione di incremento della frequenza dei disastri” e di un processo che ha “tempi lunghi”, è “inefficace” e “complesso”.
Ora nel governo si guarda, secondo le indiscrezioni raccolte da Formiche.net, ai modelli francese e spagnolo. Ovvero un modello semi-obbligatorio in base al quale i possessori di una polizza incendio vedono automaticamente estendersi la copertura assicurativa anche contro i rischi di alluvioni, terremoti ecc. “In questo sistema – dice un esperto del comparto – lo Stato funge da riassicuratore di ultima istanza, intervenendo oltre determinate soglie di danno”.
Di certo la direzione di marcia esplicitata ieri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, indica un sistema pubblico-privato, non a carattere obbligatorio, che punta alla diffusione di polizze con incentivi fiscali ora allo studio dei tre ministeri coinvolti (Economia, Sviluppo e Infrastrutture). Delrio non ha escluso l’idea di polizze obbligatorie. Ma forse è meglio rottamare un’idea del genere…