L’effetto midterm inizia a farsi sentire. Il Senato americano, da gennaio a maggioranza repubblicana a causa della tornata elettorale del 4 novembre scorso, ha bloccato la riforma della National Security Agency, l’agenzia al centro di uno scandalo mondiale dopo le rivelazioni sui suoi programmi di ascolto fatte dall’ex contractor Edward Snowden. Ma quello sui poteri dell’intelligence non è l’unico dossier sul quale sono attesi mutamenti e cambi di programma per l’Amministrazione di Barack Obama.
FREEDOM ACT
La misura, voluta dalla Casa Bianca, per cambiare pelle all’Nsa, si chiama Freedom Act e mira a fermare la raccolta automatica di dati dalle chiamate telefoniche degli americani. Il testo non è passato per due soli consensi, ma ha avuto 58 voti invece dei 60 necessari per l’avvio della discussione.
Ogni progetto di riforma, dunque, è rinviato all’anno prossimo, quando a Capitol Hill s’insedierà il nuovo Congresso controllato interamente dal Gop. Difficile, ad ogni modo, ipotizzare che i Repubblicani smantellino l’esistente, ovvere il Patriot Act, – la legge anti-terrorismo approvata subito dopo l’11 settembre, che estende di fatto i poteri d’intervento dell’intelligence e dell’autorità giudiziaria, autorizzando controlli approfonditi a tutti i livelli – tanto più in un momento in cui l’opinione pubblica americana sembra spaventata per il rischio di attentati terroristici ad opera di una nuova minaccia, l’Isis.
NET NEUTRALITY
Alla questione della privacy ne segue una ancora più ampia, riguardante la cosiddetta net neutrality, che potrebbe costituire un’altra delusione per Obama. La White House – come ha riportato su Formiche.net Patrizia Licata – non ha avuto remore nell’indicare che la banda larga, e quindi Internet, sono beni comparabili a elettricità e acqua, una public utility, un servizio pubblico, e come tali vanno regolati. E anche se la decisione ultima spetta alla Federal Communications Commission, i Repubblicani sono da sempre schierati con le aziende della banda larga (gli Internet service provider o Isp) che ritengono che osteggiano la misura, perché ritengono che regole poco invasive siano garanzia di innovazione e investimenti continui in reti e servizi.
KEYSTONE XL
Un’altra batosta per il presidente potrebbe giungere dall’oleodotto Keystone XL, un progetto al centro di una forte polemica ambientale. Il Senato ha bocciato, ieri pomeriggio (notte in Italia), il disegno di legge che avrebbe agevolato il completamento dell’infrastruttura, che trasporterà il petrolio dalle sabbie bituminose del Canada alle raffinerie sulla costa del Golfo del Texas. Il testo ha ricevuto 59 voti favorevoli e 41 contrari, senza raggiungere i 60 utili per arrivare alla Casa Bianca. La settimana scorsa la legge era stata approvata a larga maggioranza alla Camera, dominata dai Repubblicani. Uno scenario che si riproporrà anche al Senato, dove il Gop, quando sarà in maggioranza da gennaio, ha fatto sapere che ripresenterà la legge. Obama potrebbe porre il veto presidenziale e stoppare il progetto, al quale è contrario, ma il segnale di debolezza politica sarebbe chiaro, secondo molti analisti.
TTIP
L’unico terreno reale di dialogo con i Repubblicani sembra essere quello del Ttip, il partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti.
Finora, a frenare l’accordo, ci sono stati sì le numerose divergenze di vedute tra Usa ed Europa, ma anche i problemi interni alla politica a stelle e strisce, che hanno ostacolato non di poco le possibilità negoziali del presidente americano. Le frange più protezioniste di Capitol Hill, si trovano proprio nel partito del capo di Stato. Il Gop vedrebbe di buon occhio le maggiori opportunità commerciali che si aprirebbero per le corporation Usa a fronte di un successo del trattato (che Obama considera invece fondamentale in chiave geopolitica). Ecco perché una convergenza sul dossier appare possibile.