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Immigrazione Usa: si scrive Obama, si legge Clinton (Hillary)

In un discorso alla nazione boicottato dalle grandi tv generaliste americane, Barack Obama ha annunciato ieri nuove misure che cambieranno in parte la vita di circa 5 milioni di immigrati.

La riforma, applaudita dall’ampia comunità di Latinos presente nel Paese, sarà ricordata come uno dei tratti distintivi dell’altalenante carriera politica del presidente americano, che dopo la batosta presa alle elezioni di midterm, apre uno scontro senza esclusione di colpi con il Partito Repubblicano. All’orizzonte c’è la corsa per le presidenziali del 2016.

COSA PREVEDE LA RIFORMA

Qual è l’oggetto del contendere? Obama vuole realizzare la riforma, la più profonda sul tema negli ultimi 30 anni, sfruttando il suo potere esecutivo e aggirando l’opposizione dei Repubblicani, che in Congresso hanno finora ostacolato qualsiasi progetto in tal senso e che da gennaio avranno la maggioranza in entrambe le Camere. La misura garantirà un permesso di soggiorno e lavoro a milioni di immigrati senza permesso.
Negli Stati Uniti ci sono più di 11 milioni di irregolari, per metà provenienti dal Messico. Secondo alcune stime, scrive il New York Times, fino a quattro milioni di persone senza documenti, “che vivono negli Stati Uniti da almeno cinque anni senza aver commesso crimini, potranno fare domanda per far parte del programma che li proteggerebbe dal rimpatrio, garantendo un permesso di soggiorno e lavoro; un altro milione di persone potrebbe ottenere protezione grazie ad altre parti della riforma, compresa l’estensione di un programma già esistente per i “Dreamers”, i giovani immigrati arrivati negli Stati Uniti da bambini. I loro genitori, però, non riceverebbero una protezione specifica“. A nessuno sarebbero comunque concessi i sussidi per l’assicurazione sanitaria previsti dall’Affordable Care Act.

LE REAZIONI DEI CITTADINI…

Sul tema, secondo i sondaggi, gli americani sono divisi a metà. In poll di Usa Today, il 46% sostiene che Barack Obama dovrebbe aspettare che sia il nuovo Congresso, controllato da gennaio dai repubblicani, ad agire sulla riforma, mentre il 42% dei cittadini statunitensi desidera che il presidente si muova ora. Il 10% non è convinto di nessuna delle opzioni.

…E QUELLE DEI POLITICI

Medesimo scenario sul fronte politico, dove alla soddisfazione dei democratici, fa da contraltare la rabbia del Gop, raccontata dalle opinioni raccolte dalla Cnn. Tra queste, quelle di giovani rampanti come Marco Rubio, Ted Cruz, Rick Santorum, ma anche del politico d’arte Jeb Bush, ex governatore della Florida e possibile candidato repubblicano per le presidenziali del 2016, secondo il quale “Obama ha ancora una volta messo in campo politiche divisive e manipolatorie, invece di una leadership misurata”. È ora, ha aggiunto suonando la carica, “che i repubblicani agiscano in Congresso“.

I NODI

A dividere il fronte repubblicano e il presidente c’è innanzitutto una questione ideologica. “Non è un’amnistia di massa. Si tratta di responsabilità e di misure di buon senso“, ha detto Obama, rilanciando l’attualità del sogno americano, ancora possibile nonostante le cassandre che ne annunciano il declino. “Siamo sempre stati e saremo sempre un Paese di immigrati. Anche noi siamo stati stranieri una volta, e ciò che ci rende americani è la nostra adesione a un’ideale comune, quello che tutti siamo creati uguali“.

Tra le accuse anche quelle di abuso di potere, di mettere a rischio la sicurezza nazionale e di ledere gli interessi della classe operaia americana, promuovendo una nuova ondata di immigrati dal vicino Messico. Il britannico Economist mostra, però, come la maggior parte degli irregolari negli Usa non siano Latinos infiltratisi nel Paese, ma immigrati entrati regolarmente e rimasti dopo la scadenza del permesso di soggiorno. Un falso problema, dunque.

VERSO LO SHUTDOWN?

Di tenore opposto il Washington Post, che in un corsivo a firma di Michael Gerson sostiene che l’iniziativa di Obama sia una forzatura, addirittura “un fallimento democratico“. Per l’editorialista, il presidente americano avrebbe potuto sfruttare l’occasione per discutere con i Repubblicani una nuova riforma, che tenesse conto dei nuovi equilibri determinati dalle midterm. Invece ha privilegiato lo scontro frontale e la rottura, che si riverbererà inevitabilmente su altri importanti dossier. Obama avrebbe avuto, in sintesi, un atteggiamento irresponsabile verso gli stessi cittadini americani che dice di voler aiutare. E una delle conseguenze di questa sua ottusità, potrebbe essere gravissima. Diversi parlamentari Repubblicani hanno suggerito di approvare, il prossimo mese, una riforma sui costi dello stato per togliere i fondi ai progetti sull’immigrazione di Obama, ponendo le basi per un nuovo shutdown del governo.

SIRENE PRESIDENZIALI

Ma a intrigare gli analisti non c’è tanto le diatribe superficiali sul provvedimento, quanto il fatto che queste tensioni – ma soprattutto la fretta con la quale il presidente Obama abbia voluto lanciare la riforma, minacciata in parte dai nuovi equilibri al Congresso – celino la lotta, già iniziata, per conquistare la Casa Bianca. Non è un caso che, in soccorso di Obama sia arrivato a spron battuto Bill Clinton, che ha rammentato come anche altri presidenti, in passato, siano intervenuti sull’immmigrazione, senza per questo sconvolgere l’America. L’argomento, sottolinea Reuters, sarà di sicuro al centro della prossima campagna presidenziale, nella quale la moglie Hillary intende correre e in cui il voto latino potrebbe essere decisivo (e forse già ipotecato). Ecco come spiegare le “botte da orbi” che sono volate e continuano a volare tra democratici e repubblicani: si scrive “immigrazione”, si legge “elezioni presidenziali”.



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