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Il Papa in Turchia condanna lo Stato islamico e chiede libertà di culto

E’ iniziata oggi la visita ufficiale del Papa in Turchia, otto anni dopo quella compiuta da Benedetto XVI solo due mesi dopo le polemiche scaturite dal celebre discorso di Ratisbona. Tre giorni densissimi, tra incontri con le autorità politiche e momenti di riflessione e preghiera con le comunità religiose.

OSPITE NEL PALAZZO DI ERDOGAN

Prima tappa del viaggio è stata la capitale Ankara, dove il Pontefice è stato ricevuto con tutti gli onori dal presidente Recep Tayyip Erdogan nel nuovo immenso palazzo da lui voluto. E’ lì che, dopo la visita al Mausoleo di Atatürk, Francesco ha tenuto il primo e forte discorso in cui ha rimarcato quanto sia “fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione – godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace”. Il Papa s’è chiesto fino a quando il Medio oriente dovrà ancora soffrire “a causa della mancanza di pace”.

“PROSEGUIRE SULLA STRADA DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE”

Fondamentale, ha aggiunto, “è non rassegnarci alla continuazione dei conflitti come se non fosse possibile un cambiamento in meglio della situazione”. Ecco perché bisogna a ogni costo proseguire sulla strada del “dialogo interreligioso e interculturale, così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo, che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione”.

“CONTRAPPORRE LA SOLIDARIETA’ DEI CREDENTI AL FANATISMO”

Ciò che occorre fare, ha detto Francesco, è “contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale”.

“LECITO FERMARE L’AGGRESSORE INGIUSTO, MA LE ARMI DA SOLE NON BASTANO”

Il Papa ha lodato l’impegno della Turchia mostrato nell’accoglienza generosa “di una grande quantità di profughi”. Una Turchia che “la comunità internazionale ha l’obbligo morale di aiutare nel prendersi cura dei profughi”. Indispensabile, però, è ribadire che “non si può rimanere indifferenti di fronte a ciò che ha provocato queste tragedie”, e riprendendo quanto già disse sul volo di ritorno dal viaggio agostano in Corea, ha chiarito che “è lecito fermare l’aggressore ingiusto”. A patto che si rimanga nel recinto del diritto internazionale e che ci si convinca che “non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare”.

LA CONDANNA DELLE AZIONI DELL’ISIS

Più tardi, Francesco si è recato alla Diyanet, il dipartimento per gli affari religiosi, la più alta autorità religiosa islamica sunnita in Turchia. Un incontro delicato, stando alle premesse, anche a causa delle dichiarazioni non certo eleganti che il suo presidente, il professor Mehmet Gormez, aveva rilasciato nei mesi scorsi a proposito del Papa (“organizza partite di calcio e non condanna le violenze alle moschee in Europa”). Gormez ha denunciato l’islamofobia dilagante, ricordando come la Turchia sia un luogo d’incontro privilegiato tra fedi diverse. Il Papa, visibilmente affaticato, ha parlato della “veramente tragica situazione in medio oriente, specialmente in Iraq e Siria”. Tutti, ha spiegato, “soffrono le conseguenze dei conflitti e la situazione umanitaria è angosciante. Penso a tanti bambini, alle sofferenze di tante mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo. Particolare preoccupazione desta il fatto che, soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità etnica e religiosa. Sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare lapropria vita e non rinnegare la fede.La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro”.

“DENUNCIARE NON BASTA, OCCORRE AGIRE INSIEME”

Il compito dei capi religiosi, in queste circostanze, è quello di “denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani”. Il Papa parla esplicitamente di “obbligo”. Ma alla denuncia, aggiunge, “occorre far seguire il comune lavoro per trovare adeguate soluzioni” e ciò “richiede la collaborazione di tutte le parti: governi, leader politici e religiosi, rappresentanti della società civile, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

I PROSSIMI IMPEGNI

Domani il Papa sarà a Istanbul, dove visiterà in mattinata il museo di Santa Sofia e la moschea Sultan Ahmet. Nel pomeriggio, celebrerà la Santa Messa nella Cattedrale cattolica dello Spirito Santo, cui seguirà la preghiera ecumenica nella Chiesa patriarcale di San Giorgio e l’incontro privato con Bartolomeo I.



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