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L’oasi felice dell’industria farmaceutica può essere un modello per la rinascita italiana

Nel giorno in cui l’Agenzia italiana per il farmaco ha proceduto al sequestro cautelativo di due lotti del vaccino anti-influenzale Fluad Novartis per le cinque morti sospette successive alla sua assunzione, il comparto produttivo dei medicinali rivendica con orgoglio le proprie peculiarità.

Un’isola fertile nel panorama della crisi

Esempio raro e in contro-tendenza rispetto alla realtà economica stagnante del nostro paese, esso costituisce un modello di eccellenza internazionale per coraggio innovativo, sviluppo della ricerca scientifica, investimento nel talento di giovani preparati, radicamento nel territorio, proiezione internazionale, relazioni sindacali moderne e collaborative. Fattori che hanno contribuito a un tasso di crescita del 3 per cento anno tra il 2003 e il 2013.

È il panorama emerso nel corso dell’iniziativa “Produzione di valore. L’industria del farmaco, un patrimonio che l’Italia non può perdere”, il tour promosso in tutta Italia da Farmindustria che ieri ha fatto tappa all’Aquila presso il polo farmaceutico DompèMenarini fondato nel 1993.

La leadership italiana in un comparto di avanguardia

Le cifre di un settore che può rappresentare il volano per lo sviluppo economico vengono illustrate dalla vice-presidente di Farmindustria Lucia Aleotti: 170 fabbriche che producono 28 miliardi di euro di valore – il 71 per cento legati alle esportazioni, al 4° posto nella graduatoria nazionale e al primo per competitività – realizzano 2,3 miliardi di investimenti annui di cui 1,2 in ricerca e sviluppo, coinvolgono 62.300 lavoratori al 90 per cento laureati oltre a 6mila ricercatori. Le aziende ad alto contenuto tecnologico dell’indotto comprendono 60mila addetti e creano 14 miliardi di fatturato.

Numeri che potrebbero portare l’Italia a superare la Germania nel ranking Ue dei paesi produttori di medicinali, rendendola l’hub farmaceutico europeo. Una ricchezza, spiega l’imprenditrice, costruita con le carte in regola verso la spesa pubblica sanitaria: “La farmaceutica rappresenta il 15 per cento delle uscite totali, pur avendo sofferto di tagli sproporzionati pari al 36 per cento tra il 2011 e il 2017”.

La centralità dell’Abruzzo

L’Abruzzo, che accoglie realtà produttive italiane e internazionali, coinvolge 1.200 dipendenti diretti e 2.500 persone nell’indotto. Un laureato su 3 nella regione è attivo nell’industria clinico-sanitaria,  che costituisce il 25 per cento degli investimenti economici nel territorio: più di 30 milioni nel 2013.

L’Aquila, polo di avanguardia per la produzione e ricerca anche di tipo bio-tech, è la 5ª città italiana per presenza dei lavoratori farmaceutici – 700 – sul complesso delle persone operanti nel settore manifatturiero.

L’industria farmaceutica bussola per un nuovo capitalismo

Nel quadro di una globalizzazione che sta stravolgendo le regole tradizionali del capitalismo italiano, osserva il professore di Economia e Gestione delle imprese nell’Università di Firenze Andrea Paci, l’industria farmaceutica è diventata uno dei grandi “campioni nazionali” nella capacità di esportare.

Un modello di specializzazione manifatturiera in un tessuto economico che presenta ritardi in ricerca, investimenti, produttività, governance moderna, dimensioni aziendali, proiezione internazionale, attitudine all’innovazione e al rischio, relazioni sindacali attente al fattore umano, attrazione di capitali esteri, capacità di creare opportunità di lavoro per i giovani più istruiti in una relazione con la realtà universitaria.

Le riforme da realizzare

Il suo valore ha avuto un riconoscimento formale da parte delle istituzioni politiche, come rivela l’incontro tenuto dal premier Matteo Renzi nei primi giorni di ottobre con i responsabili delle principali aziende attive in Italia.

Summit nel quale il governo ha preso impegni precisi per favorire il rafforzamento e l’ulteriore trasferimento di investimenti produttivi nel comparto farmaceutico: riforma della giustizia e della burocrazia, apertura dell’accesso per i nuovi prodotti, semplificazione del mercato del lavoro, riduzione e razionalizzazione della pressione fiscale, sostenibilità della spesa pubblica sanitaria.

Un piano di investimenti per oltre 40 milioni

Più eloquenti di ogni rapporto statistico e delle analisi accademiche sono le concrete esperienze imprenditoriali che arricchiscono il tessuto economico, sociale e culturale del capoluogo abruzzese.

L’elevato contenuto tecnologico e scientifico del comparto farmaceutico, rimarca l’amministratore delegato gruppo Dompè Eugenio Aringhieri, permette all’Italia di competere a livelli di eccellenza mondiale rispetto a settori che puntano sulla riduzione massimo del costo di produzione. Per tale ragione l’azienda, una realtà interconnessa con 200 centri di 35 nazioni impegnati nel terreno dell’oftalmologia, oncologia e trapianti, ha previsto 41 milioni di euro di investimenti nei prossimi anni.

Ed è anche grazie alla collaborazione e sinergia con Dompè, evidenzia il direttore generale Manufacturing di Menarini Francesco Nuzzolo, che “oggi esportiamo in 60 paesi il 35 per cento della produzione: il 50 per cento in più rispetto al 2012. Consolidando la nostra presenza sul territorio con 153 addetti e estendendo la nostra penetrazione in realtà come Germania,  Spagna, Turchia, Russia, Guatemala”.

Un polo industriale e scientifico di respiro internazionale

L’altro grande centro produttivo nella provincia aquilana è rappresentato dalla fabbrica della Sanofi a Scoppito. Fiore all’occhiello, ricorda la direttrice Annaletizia Baccante, di una realtà multinazionale che produce 33 miliardi di fatturato e conta su 112 centri nel mondo coinvolgendo oltre 110mila collaboratori. Dei quali 2.600 lavorano nelle 6 sedi presenti in Italia.

Risalente a 40 anni fa, lo stabilimento aquilano crea farmaci destinati per il 40 per cento al mercato nazionale e per il 60 all’export. È riuscito a realizzare 28 milioni di euro di investimenti tra 2012 e 2015, occupando 345 persone. Assistite tramite la costruzione, ad opera dell’azienda, di un villaggio di appartamenti di emergenza nei giorni del terremoto dell’aprile 2009.

Il monito dei sindacati

Un’attenzione al capitale umano che trova attuazione nel tipo di relazioni industriali portate avanti nel comparto farmaceutico.  Rapporti partecipati frutto di continua negoziazione, precisa il segretario generale della Femca Cisl Sergio Gigli: “Grazie ai quali i lavoratori del settore medico-clinico possono godere di un potere d’acquisto ben più elevato rispetto alla media nazionale”.

Modernità, capacità innovativa e ricchezza di risorse che, avverte il leader della Filctem Cgil Emilio Miceli, rischiano di essere cancellate da una riforma del lavoro concepita nell’ottica della precarietà, della desertificazione industriale, del conflitto con le organizzazioni confederali.

A mettere in guardia sulla mancanza di una visione strategica di sviluppo verso cui orientare il governo delle risorse collettive è il responsabile della Uiltec Paolo Pirani. Il quale ritiene che l’industria farmaceutica dovrebbe avere come riferimento istituzionale il Ministero per lo Sviluppo economico anziché il Dicastero della Salute.

Gli sprechi da tagliare sul serio

La politica, è evidente, può compiere scelte molto incisive sulla condizione di una realtà produttiva che vede nello Stato il cliente principale.

“Per 10 lunghi anni – rimarca il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi – il pregiudizio ideologico e un’ostilità preconcetta hanno spinto i governi a promuovere tagli generalizzati sull’acquisto di medicinali e tetti rigidi alla spesa sanitaria. Limiti che sono stati superati per le comprensibili esigenze di cura provenienti dal territorio. Ma il loro sforamento comporterà la restituzione all’Erario di oltre 500 milioni di euro da parte delle imprese farmaceutiche”.

Un paradosso frutto a suo giudizio delle strategie miopi adottate da una parte delle istituzioni regionali. Colpevoli, in poche parole, di aver ridotto la spesa sanitaria nel versante sbagliato: “Perché sprechi e arbitri vanno ricercati da altre parti”.

No ad allarmismi ingiustificati sui vaccini contro l’influenza

La politica dunque dovrà compiere scelte radicali agendo con il bisturi per porre fine a un’interminabile dissipazione di risorse pubbliche. Ma è chiamata a intervenire con eguale rigore sulla stretta attualità, che alimenta timori diffusi nell’opinione pubblica.

Il numero uno delle industrie farmaceutiche concorda con il sequestro cautelativo dei lotti di vaccini contro l’influenza sotto monitoraggio per il decesso sospetto di diversi pazienti.

Ma allo stesso tempo, al fine di non creare e diffondere panico immotivato nella popolazione, mette in rilievo “l’efficacia rivelata ogni anno dai farmaci utilizzati per fronteggiare epidemie influenzali che spesso provocano vittime”.



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