Scrive Andrea Tornielli sulla Stampa che “la seconda giornata di Francesco in Turchia è raccontata da due immagini simboliche. La prima: il Papa dentro la Moschea Blu di Istanbul sta in silenzio, senza scarpe, con il capo chino e le mani giunte, accanto al Gran Muftì Rahmi Yaran che prega recitando parole in lingua arabe”. La seconda, quando “il Papa fa un profondo inchino davanti al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, e chiede la sua benedizione”.
LA GIORNATA CHIAVE
Era la giornata clou della tre giorni di Francesco in Turchia, visita da lui voluta dopo che già all’indomani dell’elezione al Soglio di Pietro il patriarca Bartolomeo I lo aveva invitato al Fanar per la ricorrenza di Sant’Andrea. Espletati gli appuntamenti istituzionali – “sofferta” tappa al palazzo presidenziale di Ankara inclusa – il Papa ha potuto dedicarsi a ciò che più gli premeva: ravvivare il dialogo interreligioso con la comunità musulmana turca, potenzialmente un mediatore fondamentale nel gioco dei conflitti inter-etnici e confessionali nel vicino oriente, e avvicinare ancora di più la chiesa di Pietro a quella di Andrea, Roma e Costantinopoli.
L’ECUMENISMO DELL’INCONTRO E DELL’AMICIZIA
Lo spiegava bene a Repubblica, ieri, il cardinale Walter Kasper, per molti anni presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: “Credo che Francesco, col suo ecumenismo dell’incontro o dell’amicizia, riesca a proseguire nel modo migliore quanto i suoi predecessori già avevano iniziato. Di fatto non ci sono divisioni dottrinali con gli ortodossi, superare le divisioni oggi è possibile”. Ecco perché rivestirà un’importanza fondamentale il Concilio panortodosso che si terrà a Istanbul nel 2016. Sarà presieduto da Bartolomeo I e saranno presenti tutte le chiese ortodosse. Scrive Andrea Riccardi sul Corriere della Sera che “è dal 1961 che lo si prepara e realizzarlo ora è un successo del Patriarca, la cui leadership si è molto rafforzata nel mondo ortodosso”.
L’INCHINO E IL BACIO
“Quello di ieri davanti al patriarca Bartolomeo è il quarto inchino di Francesco in attesa d’essere benedetto e si tratta di gesti senza precedenti nella storia dei papi. Negli altri tre casi Bergoglio si era inchinato davanti a delle folle, ieri invece davanti a un interlocutore ecumenico impegnativo”, nota Luigi Accattoli sul Corriere della Sera di oggi. E anche la risposta di Bartolomeo, il bacio sulla testa chinata, sorprende: “Quel bacio è un’invenzione come l’inchino: né l’uno né l’altro hanno mai avuto corso nei rituali papali e patriarcali”. Il gesto di ieri, nota il vaticanista, “segna addirittura un rovesciamento d’ogni pretesa di supremazia”.
“PIENA COMUNIONE NON SIGNIFICA SOTTOMISSIONE”
E il Papa ne spiega implicitamente bene il significato il giorno dopo, al termine della Divina Liturgia nella chiesa patriarcale di San Giorgio: “Il ristabilimento della piena comunione non significa né sottomissione l’uno dell’altro né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo”.
VICINA LA SVOLTA CON GLI ORTODOSSI?
Il fatto è che i gesti, tante volte, possono dove “i teologi d’Oriente e d’Occidente si sono incartati per quasi mille anni, dallo scisma del 1054”, nota Gian Guido Vecchi sul quotidiano di via Solferino. E Bergoglio “ha un genio dei gesti che ieri ha prodotto il frutto più significativo sul piano dei rapporti con le chiese non cattoliche”, ha chiosato Accattoli.
LA DICHIARAZIONE CONGIUNTA
Al termine della Divina Liturgia, il Papa e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli hanno dato la benedizione ecumenica e firmato la Dichiarazione congiunta. In essa, tra le altre cose, si legge: “Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi”.