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La sfida scettica di Napolitano all’arrembante Renzi

Le circostanze di tempo, ma solo quelle, possono far pensare ad un gioco di sponda fra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano sull’infernale intreccio creatosi fra il vicino epilogo del secondo mandato presidenziale dello stesso Napolitano e il percorso parlamentare della riforma elettorale. Che il presidente del Consiglio e segretario del Pd, in polemica con Silvio Berlusconi, ma anche con altri, ritiene completabile in poche settimane, prima che le Camere siano in messe in grado, prevedibilmente verso la fine gennaio, di riunirsi per eleggere un nuovo capo dello Stato.

Il gioco di sponda è stato visto, in particolare, nella coincidenza, o quasi, fra la riunione della direzione del Pd, dove Renzi ha ribadito la possibilità e necessità di accelerare l’approvazione definitiva della riforma elettorale, ora all’esame del Senato per tornare poi alla Camera, e un comunicato del Quirinale con il quale Napolitano, confermando la prospettiva delle sue dimissioni a fine dicembre, quando finirà il turno del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, ha voluto precisare, testualmente, che le sue decisioni vanno “tenute completamente separate dall’attività di governo e dall’esercizio della funzione legislativa”.

Con queste parole Napolitano non ha voluto per niente dire, come gli amici e sostenitori di Renzi forse vorrebbero, e come gli hanno inutilmente chiesto nei giorni scorsi, ch’egli sia disposto ad aspettare l’approvazione definitiva della riforma elettorale per andarsene dal Quirinale. Al contrario, egli ritiene “separate” le due questioni.

In parole povere, Napolitano ha mandato a dire che in ogni caso lui se ne andrà dopo la fine dell’anno. Se fra il giorno delle sue dimissioni e quello in cui cominceranno le votazioni parlamentari per la sua successione le Camere si mostreranno capaci di approvare definitivamente la riforma elettorale, toccherà al presidente supplente della Repubblica, cioè il presidente del Senato Pietro Grasso, promulgarla. E di lui, tornato nel frattempo senatore a vita, questa volta di diritto come ex capo dello Stato e non nominato, si vedrà se sarà più sorpreso o compiaciuto, o magari anche deluso per il contenuto che finirà per avere la riforma, e forse anche per la sua reale applicabilità.

Vi è infatti chi, o per timore di elezioni anticipate o per altre ragioni di merito o cavilli, è disposto in Parlamento a lasciare passare una nuova legge elettorale a condizione che essa venga praticamente sospesa sino alla più lontana riforma costituzionale del Senato, progettata per ridurne le funzioni e farlo eleggere dai Consigli regionali. Ma ciò dovrebbe comportare elezioni anticipate con la legge in vigore oggi, il cosiddetto Porcellum decapitato del premio di maggioranza e di altro dalla Corte Costituzionale, se il nuovo presidente della Repubblica dovesse trovarsi nella impossibilità di risolvere una crisi di governo e rassegnarsi ad uno scioglimento prematuro delle Camere. Che è forse la prospettiva coltivata dall’insofferente Renzi dietro assicurazioni – al solito – di segno contrario. Una prospettiva, comunque, alla quale Napolitano ha voluto sottrarsi decidendo di interrompere il suo secondo mandato presidenziale già prima di quanto avesse pensato al suo inizio.

Messe le cose in questi termini realistici, il comunicato emesso dal Quirinale in coincidenza con l’accelerazione della riforma elettorale reclamata dal presidente del Consiglio, e dalla direzione del Pd, ha il sapore più di una sfida scettica che di un gioco di sponda. Una sfida che peraltro s’intreccia con una corsa al Quirinale già in corso, nonostante Renzi faccia finta di non accorgersene, costretto intanto a smentire pensieri, iniziative, proposte, offerte e quant’altro gli vengono attribuite, come quella di una candidatura al Quirinale per il maestro Riccardo Muti. Che, nella confusione politica regnante, e destinata a crescere ancora, sarebbe costretto a rimpiangere addirittura l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma da lui recentemente e giustamente mandata a quel Paese.



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