Gasdotti e intrecci geopolitici sull’asse euroasiatico: ecco come la Turchia sta diventando sempre più centrale. Punti di partenza, l’accordo siglato dal presidente russo Vladimir Putin e Ankara che muta parzialmente gli scenari in Medio Oriente (con il gasdotto South Stream mandato prematuramente in pensione) e la posizione ancora ambigua del presidente Recep Tayyip Erdogan sul Califfato.
DA SOUTH STREAM A BLUE STREAM
Non più South Stream, ma Blue Stream. All’indomani delle sanzioni occidentali per il caso ucraino, Putin scompiglia il gioco e fa una mossa diversa, questa volta in direzione della Turchia. Il passo indietro sul South Stream si coniuga a nuovi accordi per altro gasdotto, Blue Stream. Senza dimenticare i giacimenti nel Mediterraneo orientale, che potrebbero rientrare nella partita, a cui la Turchia punta a fare da arbitro-giocatore.
GLI SCENARI
Il movimentismo turco nella ZEE di Cipro (che ha concluso un accordo con Israele per lo sfruttamento congiunto del gas) sarebbe da leggere in questa direzione. Ankara ha compreso di essere nuovamente al centro dello scacchiere, anche perché al progetto putiniano si potrebbe aggiungere il cosiddetto “ramo” azero per condurre il gas dall’Azerbaijan all’Europa e soprattutto l’impianto in Iran. La scelta di Mosca crea un nuovo blocco regionale eurasiatico (Turchia-Russia) anche per ovviare al muro rappresentato dalle sanzioni occidentali e non mette Mosca completamente fuori gioco, nonostante le difficoltà legate al rublo delle ultime settimane.
L’ACCORDO
Al centro delle firme di Putin e Erdogan, un accordo da 20 miliardi di dollari per la costruzione di una centrale nucleare ad Akkuyu e di un nuovo gasdotto: in un solo colpo sarebbe così cassato il South Stream, con la Bulgaria a leccarsi le ferite e nascerebbe così in Turchia un nuovo hub energetico regionale. Il memorandum d’intesa prevede il nuovo gasdotto sotto il Mar Nero con la medesima capacità di 60 miliardi di metri cubi previsti per il South Stream. Ma mentre di questi, circa 14 miliardi dovrebbero restare in suolo turco, gli altri sarebbero dirottati in Grecia.
TUTTI GLI SVILUPPI
La posizione di Erdogan si fa “meno occidentale” rispetto al recente passato, sia per via della condanna espressa in via ufficiosa alle sanzioni contro Mosca sia per le opinioni sui Paesi occidentali, rei di essere antitetici al mondo islamico. Un passaggio che i media turchi, commentando l’incontro tra Putin ed Erdogan, hanno tradotto nell’espressione “Paesi isolati”, riferendosi proprio a Russia e Turchia.
L’ASCESA DELL’ISIS
Ma la centralità turca non si limita alle nuove infrastrutture relative al gas, bensì interessa in maniera determinante anche il capitolo Califfato. Si registra un’ambiguità con la Nato: da un lato alleati, con l’uso delle basi e il caso Kobane, dall’altro vera e propria autostrada da dove passano i rifornimenti per il Califfato. Recentemente la Cnn ha trasmesso un video sulla cosiddetta “rotta segreta del contrabbando jihadista attraverso la Turchia”. Una notizia che si accosta alla contingenza della Comunità Internazionale impegnata attivamente contro l’Isis, ma con il corto circuito rappresentato da un membro della Nato (appunto la Turchia) che continua ad affiancare logisticamente il Califfato stesso.
PROVOCAZIONI A CIPRO
Da mesi, ormai, a largo di Cipro, la Turchia si è resa protagonista di una serie di gesti provocatori, come aver inviato la nave oceanografica Barbaras nella ZEE, dove Nicosia ha già raggiunto un accordo con Tel Aviv per lo sfruttamento del gas. Ma Ankara, nonostante il ruolo di mediatore svolto dall’Egitto, ha da sempre avanzato pretese sul gas cipriota che il diritto internazionale non prevede. Con il risultato che in quel fazzoletto di terra si stia sfiorando il conflitto, data la contemporanea presenza da alcune settimane di una fregata russa, di un sommergibile greco, di sei F-16 israeliani che pattugliano costantemente l’area.