Riceviamo e volentieri pubblichiamo
C’è ancora molto da analizzare e da scoprire nel denso sistema geopolitico internazionale, così come si configura agli inizi degli anni ’60. La “guerra fredda” è stata un fenomeno infinitamente più complesso, sfaccettato, paradossale di quanto oggi non si pensi.
Molte retoriche attuali sarebbero sconfitte, molti luoghi comuni inveterati svanirebbero, se si sapessero le tante, tantissime verità, piccole e grandi, di quegli anni.
Il caso di Cuba è un test per la nostra idea di una “guerra fredda” più sottile e complessa di quanto non si immagini oggi.
Penso a una questione che ho vissuto in prima persona, il ruolo di Arturo Frondizi, presidente della Repubblica Argentina dal 1958 al 29 Marzo 1962.
Frondizi, con i genitori originari di Gubbio, era un caro amico e, soprattutto, un patriota che voleva lo sviluppo sociale ed economico del Suo Paese, “el desarrollo”, dopo il tentativo, andato a male per vari motivi, del peronismo, di cui peraltro Frondizi fu oppositore.
La questione di Cuba, quella vera, passa dalla volontà di Frondizi, politico avvedutissimo anche nell’ambito delle relazioni internazionali, di pacificare il continente latinoamericano evitando l’innesco di crisi che avrebbero inevitabilmente innescato le logiche dei “grandi” della guerra fredda.
Già agli inizi del 1962 Frondizi e John Fitzgerald Kennedy, che peraltro lo stimava molto, parlano della questione cubana.
Arturo Frondizi poi, con la cordialità sincera che lo contraddistingueva, parla del problema cubano con il ministro degli Esteri sovietico Andrei Gromyko, il famosissimo “Mr. Nyet” dell’assemblea all’ONU.
Gromyko è chiaro al riguardo: “Cuba è una fidanzata che ci costa troppo cara. Oggi mantenerla vale per noi oltre un milione di Dollari USA al giorno”. Era un chiaro spiraglio, l’abilità di Frondizi poteva mostrarsi.
Il primo passa del Presidente Argentino fu quello di mettere a conoscenza della questione il suo consigliere prediletto, il R. P. gesuita Ismaele Quiles, che aveva ancora ottimi contatti con il mondo cubano.
La Rivoluzione castrista è poi, occorre ricordarlo, una rivolta che diviene lentamente di massa passando dal Peronismo, il primo mito politico dell’avv. Fidel Castro, al socialismo eterodosso fino ad incontrare la rete del Partito Comunista Cubano, che legherà il Movimento a Mosca.
La trattativa va avanti. Frondizi convoca a Olivos, la residenza privata del Presidente argentino, Ernesto Che Guevara, un cittadino argentino, e il consigliere di Kennedy per l’area caraibica, Sol Linowitz, un uomo d’affari di successo, ebreo, che fungeva da “Special Envoy” nelle questioni delicate.
Che Guevara è probabilmente soddisfatto del risultato della trattativa, e parte da Olivos con un elicottero dei Servizi argentini. Tutto è pronto per far uscire lentamente, con le garanzie del caso, la Rivoluzione Populista di Castro dall’orizzonte degli interessi sovietici.
Il problema è che, proprio il giorno dopo l’incontro di Olivos, Frondizi viene rovesciato da un golpe militare. E’ il 29 Marzo del 1962.
Il 15 ottobre dello stesso anno scoppia la crisi dei missili cubani, 140 testate nucleari, come l’allora ministro della Difesa USA Robert McNamara apprese dalla voce stessa di Fidel Castro. Una occasione straordinaria per iniziare quel “disgelo” bilaterale che avrà luogo solo con la crisi finale ed economica dell’URSS, con Gorbaciov, il Primo Direttorato del KGB e le “perestrojka” unita alla “glas’nost”.
Ma non sarei ancora giusto con la mia memoria e con gli avvenimenti se mi dimenticassi del ruolo straordinario che la S. Sede, col Papato Roncalli, ebbe nel disinnescare la crisi cubana, che fu un vero e proprio precipizio, nei primi giorni del suo svolgimento.
Papa Giovanni XXIII operò verso gli Americani tramite Mons. Igino Cardinale, uno straordinario italo-americano nato a Fondi, nunzio apostolico e “esperto di Politica Estera” di Papa Roncalli, che aveva in Cardinale pienissima fiducia. Fu Padre Igino a suggerire quelle tre possibilità di uscita tra le quali Kennedy e Krusciov, antico Commissario Politico del PCC nell’Armata Rossa di Stalingrado, scelsero quella che conveniva ad entrambi: lo spostamento degli Jupiter USA dalle basi italiane e turche. E, ripeto, senza la straordinaria forza dell’azione di Giovanni XXIII, diplomatico eccelso e Papa Santo, che ebbe momenti espliciti (la dichiarazione alla Radio Vaticana del 25 Ottobre) e molti momenti occulti, gestiti dall’attivismo di Mons. Igino Cardinale, tutto sarebbe andato infinitamente peggio.
Ecco la mia verità, che è la verità dei fatti, su Frondizi e sulla crisi cubana.
Giancarlo Elia Valori è professore di Economia e Politica Internazionale presso la Peking University e presidente de “La Centrale Finanziaria Generale Spa”