Il riconoscimento pubblico, in mondovisione, gliel’hanno dato Barack Obama e Raul Castro, a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, ieri sera. E’ Papa Francesco colui che ha agevolato, con la sua mediazione, la storica svolta nei rapporti tra gli Stati Uniti e Cuba che ha messo fine a un embargo durato più di cinquant’anni. Poco dopo i ringraziamenti dei due leader, ecco che la Segreteria di stato vaticana, con una nota insolitamente dettagliata rispetto alla consueta stringata riservatezza, forniva qualche dettaglio in più sul contributo d’Oltretevere al positivo esito del negoziato.
IL COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO
Dopo infatti aver sottolineato il “vivo compiacimento per la storica decisione” provato dal Pontefice, il comunicato proseguiva affermando che “nel corso degli ultimi mesi, il Santo Padre Francesco ha scritto al Presidente della Repubblica di Cuba, S.E. il Sig. Raúl Castro, ed al Presidente degli Stati Uniti, S.E. il Sig. Barack H. Obama, per invitarli a risolvere questioni umanitarie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le due Parti”. Passo fondamentale al quale ne è seguito uno ancor più determinante e decisivo: “La Santa Sede, accogliendo in Vaticano, nello scorso mese di ottobre, le Delegazioni dei due Paesi, ha inteso offrire i suoi buoni offici per favorire un dialogo costruttivo su temi delicati, dal quale sono scaturite soluzioni soddisfacenti per entrambe le Parti”.
ROMA CENTRO DELLA MEDIAZIONE
Quando il segretario di Stato americano John Kerry s’è presentato lunedì in Vaticano, scrive Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, per incontrare il cardinale Pietro Parolin, “era già tutto deciso e non restava che confermarlo a chi lo aveva reso possibile”. Il Vaticano, soprattutto, ha agito sulla chiave che ha permesso di sbloccare la situazione, cioè la liberazione del contractor sessantaquattrenne Alan Gross detenuto sull’isola caraibica da cinque anni. Non a caso, la rivista America, magazine edito dalla Compagnia di Gesù, già lo scorso giugno parlava della vicenda sottolineando come a mediare tra le parti vi fosse proprio la Santa Sede.
“UN PEZZO DI MURO E’ CADUTO”
“Davvero è una svolta storica. Un pezzo di muro è caduto”, e “nel caso di Cuba il muro era l’embargo deciso addirittura all’epoca in cui fu innalzato il Muro di Berlino”, scrive oggi sul quotidiano di via Solferino lo storico Andrea Riccardi. “La sorpresa nella sorpresa”, aggiunge, “è il ruolo di Francesco, ringraziato da entrambi i presidenti. E’ un suo successo”, dal momento che “ha osato un appello personale ai due leader, andando al di là della tradizionale prudenza della diplomazia.
LA SQUADRA DEL PAPA
Ma il Papa non è stato solo. Pur avendo naturalmente un ascendente forte sui leader latinoamericani, date le sue origini argentine, decisivo è stato il supporto della “macchina” romana. Forte di una squadra di diplomatici di rango – non a caso la diplomazia vaticana è da sempre considerata la migliore al mondo, ricorda sempre Vecchi – molto si deve all’opera in loco del cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo di San Cristobal de la Habana fin dal 1981 e artefice di quella “politica di piccoli passi” che ha fatto conquistare alla chiesa cubana, per dirla con Riccardi, “spazio sociale e interlocuzione civile”. A Roma, decisiva è stata la silenziosa ma costante opera del segretario di Stato, quel Pietro Parolin che dal 2009 al 2013 era nunzio nel Venezuela chavista, il miglior amico del “feudo” dei Castro. Da Caracas la prospettiva per cogliere segnali e disponibilità da Cuba era la migliore. E non va dimenticato che il numero due in Segreteria di stato è mons. Giovanni Angelo Becciu, nunzio all’Avana dal 2009 al 2011. Insieme a loro, di certo il Papa ha ascoltato i consigli di un altro diplomatico, il cardinale Beniamino Stella, che a Cuba è stato rappresentante diplomatico della Santa Sede dal 1992 al 1999. Preparando, quindi, la storica visita di Giovanni Paolo II che ebbe luogo nel gennaio del 1998.
IL LAVORO DEI PREDECESSORI
E infatti la svolta di ieri è stata possibile anche per quanto seminato nel corso dei decenni, grazie a un canale mai interrotto fin dai tempi di Giovanni XXIII, quando il mondo pareva (proprio per la questione cubana) sull’orlo del terzo conflitto mondiale, questa volta nucleare. Scrive Andrea Tornielli sulla Stampa che “i due immediati predecessori di Francesco hanno giocato un ruolo significativo nel processo di disgelo: Giovanni Paolo II visitò Cuba nel 1998, Benedetto XVI nel 2012, preceduto da un viaggio dell’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone”.