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Come si allunga la lista degli avversari di Papa Francesco

Tutti i nemici del Papa, scrive Repubblica lanciando una doppia pagina di analisi sulla resistenza (forte) che sta incontrando Francesco nell’attuare la sua riforma spirituale e curiale. Nota Marco Ansaldo che “il nodo della Chiesa riformista di Bergoglio è arrivato al pettine. O lo si scioglie o lo si taglia. Dopo la clamorosa rinuncia al pontificato di Benedetto XVI, l’improvvisa comparsa di un Pontefice argentino, con il nome impegnativo di Francesco, ha travolto i credenti e la gerarchia”.

LA LISTA DEI NEMICI SI ALLUNGA

Riprende in mano, il vaticanista del quotidiano di Largo Fochetti, il discorso del 22 dicembre discorso, quello in cui il Papa ha elencato le quindici malattie della curia: “E ora la lista dei nemici del Papa comincia a farsi fitta. Dapprima – sottolinea Ansaldo – è cominciato il chiacchiericcio sul ‘Papa strano’. Poi, davanti al chiaro impeto riformista, al dialogo intessuto con non credenti e atei, al Sinodo di ottobre i dubbi dei conservatori su Bergoglio hanno finito per nutrire un dossier corposo”. Una pratica che “si irrobustisce negli ultimi giorni”.

L’ADESIONE DI DON CIOTTI: “PRIMA LE PERSONE E POI LA DOTTRINA”

Un’azione che ha spinto diversi movimenti e comunità di base (a partire dall’ultraprogressista Noi Siamo Chiesa) a far partire una petizione a favore del Papa, con tanto di raccolta di firme. Tra i primi firmatari c’è don Luigi Ciotti, che sempre a Repubblica spiega d’aver aderito all’appello perché le parole di Francesco “da cui derivano gesti e scelte conseguenti, suscitano in tanti, anche non credenti, la speranza di una Chiesa profondamente e umilmente evangelica, al servizio del bene comune, lontana dalle tentazioni del lusso e del potere, attenta alla dottrina ma prima ancora ad accogliere i bisogni e le fragilità delle persone”.

IL PROBLEMA AMERICANO

Punta l’attenzione sul viaggio di Francesco negli Stati Uniti, previsto per il prossimo settembre, Massimo Franco. Sul Corriere della Sera la firma del quotidiano rizzoliano sottolinea ancora una volta come sia proprio Washington a rappresentare una tra le maggiori sfide alla ricezione dell’agenda del pontificato bergogliano. Si prenda la mediazione della Santa Sede nel disgelo tra gli Stati Uniti e Cuba: “Il problema è come viene interpretato il ruolo di Francesco su Cuba negli ambienti più conservatori degli Stati Uniti: quelli che hanno accusato inopinatamente il Papa di vendere roba marxista, e criticato Obama per la trattativa”.

LE RISERVE ESPLICITE DELLE GERARCHIE USA

Sono, queste – nota Franco – “posizioni che potrebbero saldarsi con le riserve dei tradizionalisti Usa per le aperture dottrinali del Pontefice argentino”. A tal proposito, l’editorialista cita l’intervista concessa dal Papa al quotidiano argentino Nacion, ripresa dal settimanale dei gesuiti America, edito nella East Coast. “Il testo contiene diverse domande e risposte sui settori conservatori, specialmente negli Stati Uniti. Pezzi di episcopato che temono il collasso della dottrina tradizionale e chiedono perché il cardinale conservatore Raymond Burke è stato rimosso dopo l’ultimo Sinodo”. Franco sottolinea come gli undici cardinali statunitensi siano stati grandi elettori di Bergoglio in Conclave, e osserva come “alcuni di loro ormai esprimono apertamente riserve sul papato”. E non si tratta solo “di personaggi come Burke o Charles Chaput. Lo stesso arcivescovo di New York, Timothy Dolan, avrebbe manifestato perplessità. E Francis George, ex arcivescovo di Chicago, ha rilasciato un’intervista a Crux contenente critiche esplicite a Francesco”.

LE RIVELAZIONI DEL CARDINALE GEORGE

Interessante è quanto George rivela, e cioè di aver votato Bergoglio perché “glielo dissero i cardinali brasiliani, ‘ai quali feci molte domande’”. Ora, lo stesso arcivescovo emerito, molto malato, fa sapere di voler venire a Roma per “chiedergli se si rende conto di quello che è accaduto con la frase ‘chi sono io per giudicare?”.

 “DIFFICILE NON SCONTENTARE NESSUNO”

Massimo Franco sostiene che “dietro le parole di George si indovinano i contorni di una sorta di ‘Internazionale tradizionalista’ che attraversa l’episcopato americano, e parte di quello spagnolo, italiano, francese”. Termine forse eccessivo, quello di “tradizionalista”, visto che il cardinale George più che tradizionalista è uno degli esponenti più in vista del cosiddetto “conservatorismo muscolare” americano che tanto successo ebbe a partire dagli anni Ottanta con il binomio Reagan-Giovanni Paolo II e proseguito poi quando sul Soglio sedeva Benedetto XVI. A ogni modo, conclude Franco, “Francesco dorrà rassicurare il proprio episcopato, impegnato in una battaglia culturale sui valori contro i Democratici di Obama, che non sono panni nei quali non si sente a proprio agio. Ma gli sarà difficile non scontentare nessuno”.



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