Intelligence economica è l’oggetto di un master lanciato da Formiche. Si tratta della prima iniziativa di formazione avviata dalla rivista fondata nel 2004 da Paolo Messa. Il corso, diretto dal prefetto Adriano Soi, avrà inizio a fine mese e vedrà le docenze di autorevoli esperti del settore a partire da Bruno Valensise che dirige la Scuola di Formazione dell’intelligence italiana.
Secondo Messa, si tratta per Formiche di una nuova sfida. In questa conversazione racconta come nasce l’iniziativa e spiega la scelta di rivolgersi ai responsabili delle relazioni esterne e degli affari istituzionali delle imprese.
Perché Formiche ha deciso di organizzare un corso di formazione?
Formiche è un progetto editoriale e culturale molto particolare che si sforza di rappresentare un punto di confronto e approfondimento nell’ambito della comunicazione istituzionale. In questo senso, oltre ad editare la rivista mensile ed il quotidiano online, negli ultimi anni Formiche ha cercato di svolgere un ruolo anche come organizzatore di iniziative che consentissero di andare oltre l’informazione “classica”. Ora proviamo ad aggiungere un altro tassello a questo mosaico: la formazione mirata su temi specifici e coerenti con il percorso svolto da Formiche sin qui.
Perché partire proprio dall’intelligence economica?
Il mondo del “public affairs” è molto cambiato negli ultimi dieci anni ed ha registrato una notevole e sempre maggiore qualificazione da parte dei suoi protagonisti. Sebbene vi siano sempre polemiche rispetto al ruolo dei cosiddetti lobbisti, non si può non riconoscere che questa professione è, nelle aziende e per le aziende, uno snodo nevralgico che partecipa alla definizione delle linee strategiche delle aziende stesse.
Mentre le relazioni con governo centrale, Parlamento, amministrazioni locali ed Authorities fanno già parte di un bagaglio di esperienza robusta, la nostra impressione è che esista ancora un gap nell’immaginare l’apparato di intelligence nazionale come un soggetto istituzionale che merita la massima attenzione, proprio nell’ambito di una visione strategica dell’impresa.
Ma non ci sono già i manager della sicurezza?
Questa figura professionale è importantissima ,e laddove presente nell’organigramma, soprattutto delle grandi imprese, svolge una funzione delicata e irrinunciabile. Noi abbiamo preferito però rivolgerci ai manager del public affairs perché siamo convinti che, prima ancora di registrare un problema specifico di competenza poi del security manager, sia essenziale, una forma di relazione riservata ma trasparente, con i vertici istituzionali della sicurezza. L’obiettivo è definire una leale collaborazione su temi che vanno dalla cyber-security alla tutela dei brevetti e della proprietà industriale, senza escludere le necessità legate alle valutazioni dei rischi in singoli e specifici mercati esteri. Non può esserci confusione o commistione fra le autonome distinte sfere delle aziende private e delle istituzioni pubbliche ma un corretto dialogo non solo è opportuno ma spesso anche doveroso.
Sicuro che sia davvero necessario?
La riforma dei servizi segreti, che ha visto la nascita del Sistema delle Informazioni per la Sicurezza della Repubblica, assegna grande importanza alla diffusione della cultura della sicurezza e alla tutela degli interessi economici del Paese. Già in passato ci sono state iniziative da parte di think tank come Aspen o della stessa Formiche per sensibilizzare il comparto industriale italiano. Come rendere più fluida la comunicazione tra intelligence e imprese è un tema all’ordine del giorno. La nostra iniziativa di formazione, lungi dal rappresentare “la” soluzione, vuole essere un tentativo positivo per creare le condizioni più corrette e professionali di una relazione – chiedo scusa per la ripetizione – davvero essenziale per l’interesse nazionale del nostro Paese.