E’ iniziata la partita per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Tutti guardano al futuro Capo dello Stato con speranza, fiduciosi che possa condurre il sistema politico italiano fuori dal pantano in cui è immerso da un bel po’di anni. Si rincorrono molte candidature o presunte tali, all’interno e all’esterno dei partiti, mai come questa volta i nomi dei papabili sono tanti, a dimostrazione che la confusione è notevole e che il corpo elettorale dei 1009 parlamentari esprime palesi divisioni. Considerati lo scarso apporto e la scadente attività delle forze politiche, sarebbe opportuno perciò guardare all’esterno del “palazzo”, per individuare una personalità che abbia caratura internazionale, ma che sia anche espressione genuina del vasto mondo della cultura, della storia, della società, della gente italica.
L’Italia ha bisogno di un vero e forte segnale di cambiamento, che non può venire dalla stucchevole, abusata, fallimentare, più volte sperimentata teoria dell’immagine, perché anche a causa di questa scellerata e ridicola retorica noi ci troviamo, dopo un ventennio, in una grave crisi di credibilità. Le istituzioni, la politica, il governo del Paese non possono essere gradimento, simpatia, auditel, share.
La conclusione del semestre italiano in Europa e la fine del secondo breve mandato di Giorgio Napolitano come Capo dello Stato chiudono un periodo grigio e buio della storia d’Italia. Renzi a Strasburgo si è congedato “sanza infamia e sanza lode” com’è nello stile opaco della persona. Nessuno acuto da rottamatore, ma solo fosca palude. Giorgio Napolitano quasi novantenne lascia il Quirinale senza suoni di campane né squilli di trombe, ma sotto un cielo plumbeo e sempre minaccioso. Il miracolo che gli si chiedeva quando lo si è invitato a restare dopo il primo settennato non c’è stato. L’uomo della provvidenza, abbandonato Enrico Letta al suo destino, si è fatto risucchiare dal vortice della politica politicante di Renzi & C., giovanotto tanto capace nei toni tribunizi quanto inconcludente come uomo di governo.
La fine del ventennio trascorso porta con sé ancora sentimenti rancorosi, di intolleranza, di acredine, di rimpianto per ciò che non è stato e che poteva essere. Il Paese giorno dopo giorno si è sfilacciato incontrando delusione, assopimento, assuefazione passiva. La rassegnazione però porta sempre con sé un barlume di speranza, e dal 1994 in poi ascoltando ripetuti proclami, sempre con il vivo desiderio di riuscire ad imboccare la strada giusta per migliorare il Paese e girare pagina, ci si è fidati di personaggi rivelatisi poi inadeguati. Una fiducia mal riposta e tradita, tanto che gran parte del popolo italiano ancora rimpiange la prima repubblica, a dimostrazione che questi due decenni potevano anche essere saltati.
E allora, si abbia un sussulto di orgoglio, un atto di resipiscenza in questa fase politica che dovrà portare all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, si scelga al di fuori dei soliti circuiti e si individui una personalità di alto spessore, che possa fare sintesi ed essere personalità legittimata e riconosciuta come espressione vera della unità della Nazione. Non mi sembra lontano dalle peculiarità richieste, per ricoprire l’Alto Seggio, il professore Andrea Riccardi, ordinario di Storia Contemporanea, insignito con la laurea honoris causa da diverse università europee e americane. E’ noto per essere stato il Fondatore nel 1968 della Comunità di Sant’Egidio. Organizzazione oltre che per l’impegno sociale e i numerosi progetti di sviluppo nel Sud del mondo, è conosciuta per il suo lavoro a favore della pace e del dialogo. Il prof. Riccardi, in particolare ha avuto un ruolo di mediazione in diversi conflitti e ha contribuito al raggiungimento della pace in alcuni Paesi, tra cui il Mozambico, il Guatemala, la Costa d’Avorio, la Guinea. La rivista “Time” nel 2003 lo ha inserito nell’elenco dei trentasei “eroi moderni” d’Europa, che si sono distinti per il proprio coraggio professionale e impegno umanitario. Esperto del pensiero umanistico contemporaneo, è voce autorevole del panorama internazionale. Studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea, ma anche del fenomeno religioso nel suo complesso. Il 21 maggio 2009 è stato insignito del Premio Carlo Magno, che viene attribuito a persone e istituzioni che si sono particolarmente distinte nella promozione di una Europa unita e nella diffusione di una cultura di pace e di dialogo. Nella motivazione è detto: “Per onorare un esempio straordinario di impegno civile in favore di un’Europa più umana e solidale all’interno e all’esterno delle sue frontiere”.
Il professore Riccardi non è un nome tra tanti, ma una risorsa del Paese e per il Paese, cui poter rivolgersi in un momento tanto delicato quanto minaccioso, per i pericoli che corre l’identità nazionale ed europea.
Un nome per il Qurinale: Andrea Riccardi
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