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Isis e Al Qaeda, differenze e similitudini tra i network del terrore islamico

Il crescente successo dello Stato Islamico (IS) rappresenta una sfida agli altri gruppi jihadisti, non solo ad al-Qaeda, ma anche ai talebani afgani. Tra di essi sta mettendo in discussione la leadership del Mullah Omar. La frammentazione del movimento jihadista fa sorgere vari interrogativi. La competizione – quindi l’emulazione – fra i vari gruppi aumenterà il rischio terrorista in Occidente? Il movimento jihadista s’indebolisce o si rafforza? La stabilizzazione non solo del Medio Oriente, ma anche dell’Afghanistan potrebbe divenire più difficile, dato che l’IS ha esteso la sua azione all’intero Khorasan, ampia regione che comprende l’Iran, l’Asia Centrale, estendendosi a Sud fino al Pakistan, i cui Talebani (da non confondersi con quelli afgani) risultano sempre più collegati con l’IS di Abu Bakr al-Baghdadi?

In questo articolo si esamineranno i rapporti fra l’IS e al-Qaeda. Essi non sono solo di competizione, ma anche di collaborazione, come sembra risultare da quanto affermato dagli attentatori di Parigi.

Entrambi sono gruppi jihadisti sunniti. I loro dichiarati obiettivi finali sono identici: eliminazione dell’influenza occidentale nel mondo islamico; unità dell’Umma sotto un Califfo, autorità sia politica che religiosa; eliminazione degli attuali regimi “apostati” e dei gruppi che non accettano l’interpretazione radicale dell’Islam, propria dello jihadismo; superiorità della sharia sulla ”legge degli uomini”. Entrambe le organizzazioni hanno tendenze universali e reclutano combattenti stranieri. Il maggior numero di questi ultimi proviene da paesi islamici, in prevalenza arabi.

La loro origine e le loro priorità strategiche sono differenti. Al-Qaeda – la “base”- nasce dalla mobilitazione dei mujaiddin, reduci dalla lotta contro l’occupazione sovietica dell’Afghanistan. Fu creata da Osama bin Laden come un’organizzazione inizialmente molto centralizzata, appoggiata di fatto dal regime talebano di Kabul. La sua strategia dava e dà ancora priorità all’attacco contro il nemico esterno, cioè l’Occidente, in particolare contro gli USA definiti “il grande Satana”. Solo dopo il loro ritiro sarebbe possibile la presa del potere da parte degli jihadisti. Le capacità operative, addestrative e logistiche di al-Qaeda sono state grandemente degradate dagli attacchi americani dopo gli attentati dell’11 settembre 2011. Come organizzazione centralizzata, al-Qaeda non esiste più. Le capacità operative sono state assorbite da vari gruppi regionali, che lottano per ragioni locali, con l’eccezione di quello della Penisola Arabica (AQAP), che dallo Yemen adotta una strategia più globale.

L’influenza di al-Qaeda rimane soprattutto ideologica e simbolica. Il nuovo capo di al-Qaeda, l’egiziano Aymat al-Zawahiri, non possiede il carisma di Osama bin Laden e la direzione centrale del movimento terrorista ha perso la capacità di effettuare attacchi sofisticati e massicci. Gli affiliati ad al-Qaeda agiscono in Occidente in piccoli gruppi, costituiti soprattutto su base familiare –difficilmente infiltrabili dalle forze di sicurezza – o con terroristi singoli (lone wolf).
L’IS nacque con il nome di al-Qaeda in Iraq (AQI) come una costala di al-Qaeda nelle province sunnite dell’Iraq (Anbar, Ninive e Kirkuk), per opporsi all’occupazione americana. Guidato dal giordano al-Zarkawi, fu caratterizzato da un’estrema brutalità non solo contro gli sciiti e gli appartenenti ad altre religioni, ma anche contro i sunniti che non ne riconoscevano l’autorità. Fu praticamente distrutto dalla reazione delle milizie tribali sunnite opposte alla sua ferocia (Arab Awakening), in contemporaneità al surge americano del generale Petraeus del 2006-07.

La sua rinascita fu dovuta soprattutto alla politica settaria del premier iracheno Nouri al-Maliki, discriminatoria nei riguardi dei sunniti, che fino a Saddam Hussein avevano dominato il paese. Fu sostenuto dall’Arabia Saudita e dagli Emirati del Golfo, per indebolire il regime sciita di Baghdad, sempre più legato all’Iran sciita, nemico principale delle dinastie sunnite del Golfo. Assunse prima il nome di Stato Islamico dell’Iraq (ISI) e, quando scoppiò il conflitto in Siria, quello di ISIS (detto anche ISIL, in arabo Daesh), Stato Islamico dell’Iraq e della Siria o del Levante. Il suo leader, Abu Bakr al-Baghdadi – personaggio che, a differenza di bin Laden e di Zawahiri, possiede solide basi teologiche – inizialmente cooperò con altre formazioni al-qaediste che operavano contro il governo di Damasco, in particolare con Jabhat al-Nursa (Fronte della Vittoria). Ereditò la brutalità di AQI, provocando ancora le proteste di al-Zawahiri. Poi, certamente per ragioni di potere personale, cercò di sfruttare i suoi successi per perseguire un progetto più ambizioso.

Dopo le travolgenti vittorie conseguite nel Nord dell’Iraq, al-Baghadi, spiazzò al-Qaeda, costituendo uno Stato islamico transfrontaliero fra l’Iraq e la Siria, di cui si autoproclamò “califfo” assumendo il nome di Ibrahim. Concentrò conseguentemente la lotta delle sue milizie contro il “nemico vicino” per allargare il proprio territorio. I rapidi successi nelle province sia occidentali sia settentrionali dell’Iraq furono resi possibili dall’appoggio delle milizie sunnite e di molti ex-ufficiali di Saddam Hussein. Nulla ha successo come il successo. I reclutamenti e i finanziamenti aumentarono enormemente. La proclamazione dello Stato Islamico e del Califfato mobilitarono valori centrali dell’immaginario collettivo di molti musulmani. L’IS ha sempre avuto una solida base finanziaria. Inizialmente i fondi provennero dai paesi del Golfo, preoccupati del consolidamento della “mezzaluna sciita”. Successivamente, si accrebbero enormemente con il sequestro dei depositi bancari delle città conquistate in Iraq e anche in Siria, con la vendita illegale di petrolio e di opere d’arte, con l’imposizione di tasse e con i proventi del pagamento di riscatti.

A differenza di al-Qaeda l’IS possiede un territorio. Ha dimostrato eccellenti qualità non solo militari, ma anche amministrative e sofisticate capacità mediatiche. I successi conseguiti e l’efficace propaganda hanno fatto sì che varie formazioni jihadiste, prima almeno formalmente subordinate ad al-Qaeda, abbiano dichiarato il loro appoggio a la loro fedeltà all’IS e ad al-Baghdadi.
Per al-Qaeda è una sfida mortale. Il contrasto fra i due gruppi non è superabile. Il potere, soprattutto nell’Islam non si divide! La possibilità di collaborazione fra l’IS e al-Qaeda è stata molto dibattuta dopo gli attentati di Parigi e dopo gli scontri avuti con al-Nusra in Siria. I due terroristi del Charlie Hebdo hanno dichiarato di essere affiliati al gruppo di al-Qaeda agente nello Yemen. Quello del supermercato, all’IS. Ammesso, ma non concesso, che abbiano detto il vero e che i due attentati siano collegati, una cooperazione organica fra le due formazioni mi appare improbabile. Non è però escluso che taluni potenziali “manovali del terrorismo” siano persuasi della sostanziale unità fra i vari gruppi jihadisti.

A differenza di al-Qaeda, l’IS è qualcosa di più di un’organizzazione terroristica. Ha assunto anche caratteristiche di forza insurrezionale e spesso, come nella difesa dei territori in suo possesso, anche di una forza militare regolare, caratterizzata da estrema flessibilità tattica. Dispone di comandanti capaci. E’ in grado d’impiegare gli armamenti pesanti abbandonati dall’esercito iracheno in fuga da Mosul. Possiede consistenti risorse finanziarie e un territorio. Quest’ultimo rappresenta una forza, ma anche una vulnerabilità. Può essere bombardato e al limite attaccato. La sua perdita distruggerebbe l’aurea d’invincibilità conquistata dall’IS nel giugno scorso a Mosul. Per non vederla diminuire, l’IS s’intestardisce ad attaccare Kobane, città che non ha valore strategico, ma che ne ha acquisito un’importante valenza simbolica. A parer mio, è stato un errore. Malgrado le perdite subite, l’IS non può più ritirarsi. Si è ormai legate le mani, mettendo in gioco il proprio prestigio: quindi la propria pericolosità. Gli USA dovrebbero approfittarne.

In conclusione, al-Qaeda, malgrado le difficoltà che conosce, è più resiliente dell’IS, sotto il profilo sia tattico che simbolico. Le sue organizzazioni regionali sono più difficili da distruggere, anche se le loro capacità di compiere consistenti maxi-attentati diminuiranno ulteriormente. L’IS potrebbe invece divenire molto pericoloso. Può però essere distrutto. Perciò, è l’obiettivo prioritario dell’azione occidentale. Va distrutto prima che si consolidi troppo e che diventi veramente pericoloso.



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