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Libia, cosa prevede il nuovo round di colloqui

Gli sforzi diplomatici dei colloqui di Ginevra si scontrano con la realtà di un territorio libico ancora instabile. Solo ieri Hassan al Saghir, il viceministro degli Esteri del governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, è stato rapito da uomini armati in un hotel della città di al Baida, 1.200 chilometri a est di Tripoli, per poi essere rilasciato oggi.

RIPRENDONO I COLLOQUI

Nel frattempo nella città svizzera sono ripresi i negoziati tra i rappresentanti del Paese nordafricano, che si svolgono sotto l’egida dell’Unsmil, la missione guidata dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia, lo spagnolo Bernardino Leon.

Le discussioni seguono quelle avviate a inizio mese e che avevano portato a un accordo il 16 gennaio per chiedere la cessazione delle ostilità, in un Paese in preda al caos dalla caduta di Muammar Gheddafi nell’ottobre 2011.

L’ANALISI DI TOALDO

E nonostante le violenze si susseguano, l’Occidente, commenta con Formiche.net Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra, non deve commettere l’errore di lasciarsi tentare da soluzioni semplici. “Leon lo aveva detto: il processo di stabilizzazione sarà lungo e complesso. Ora, però, bisognerà vedere se libici ed europei avranno la pazienza necessaria a non bruciare le tappe“. Per l’esperto il rischio maggiore risiede in un intervento militare, che getterebbe il Paese in una confusione ancora maggiore. “La tentazione di seguire questa strada è ancora forte, e lo sarà ancora di più se Tobruk inizierà ad ottenere vittorie sul campo e se le divisioni tra Misurata e il resto di Alba si acuissero“.

NO ALL’INTERVENTO

Evitare che la situazione degeneri ulteriormente, richiedendo l’uso della forza da parte della comunità internazionale, è d’altronde l’obiettivo dichiarato dell’Onu e di alcuni Paesi, come l’Italia. Lo scopo dei negoziati, ha detto recentemente Leon, non è di prendere decisioni, che spettano ai libici, ma di fare delle proposte. Un lavoro delicato, il suo, sia per l’eterogeneità degli interessi in campo – non solo nazionali – sia per l’estrema frammentazione delle fazioni che si contendono il controllo del Paese. Il rapimento/arresto di al Saghir testimonia, se ce ne fosse bisogno, che ci sono divisioni anche nel territorio di Tobruk e, soprattutto, che un “cessate il fuoco nazionale”, già più volte violato, è difficile che funzioni, perché al momento in Libia non vi sono soggetti nazionali autorevoli.

I PROSSIMI PASSI

Ora si attendono gli sviluppi dei colloqui. Le Nazioni Unite hanno ribadito l’appello ad allargare la platea dei partecipanti ai colloqui e fatto sapere che i rappresentanti militari non vi parteciperanno, ma saranno invitati successivamente. Un altro vertice in settimana riunirà infatti “i rappresentanti dei consigli municipali e locali delle città e dei villaggi della Libia”, spesso più autorevoli dei governi centrali, “per discutere le misure di fiducia e i mezzi da attuare”.


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