Che carriera politica è stata fino ad ora quella di Sergio Mattarella? Quali le sue idee e gli atti più significativi? Il lungo percorso che ha portato al Quirinale il nuovo presidente della Repubblica è iniziato nella sua Sicilia, a Palermo, dopo la morte per mano della mafia di suo fratello Piersanti, allora presidente della regione.
GLI ESORDI
“Sergio (Mattarella, ndr) a differenza di Piersanti non aveva una spiccata vocazione per la politica“, ha raccontato al Mattino l’ex segretario Cisl, deputato Pd e suo amico di lunga data, Sergio D’Antoni. “Poi , il 6 gennaio 1980 (con la morte di Piersanti, ndr) la sua vita è cambiata. Non poteva non accettare l’eredità politica del fratello. Si candidò al Parlamento e divenne deputato Dc nell’83 per la prima volta“.
L’ULTIMO MOROTEO
La sua carriera prosegue. “È, forse, l’ultimo moroteo“, racconta sul Corriere della Sera Fabrizio Roncone. “Certo è uno dei fondatori dell’Ulivo di Romano Prodi e, prima ancora, del Partito popolare. Con Massimo D’Alema a Palazzo Chigi è vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa (autore di una importante riforma delle Forze Armate, ndr). Dal 2011 è giudice costituzionale“.
IL MATTARELLUM
“La passione per i meccanismi elettorali“, scrive sulla Stampa Marcello Sorgi, “ce l’aveva fin da ragazzo… e vent’anni fa legò il suo nome alla legge che introdusse in Italia i collegi uninominali e battezzò la Seconda Repubblica“; una legge che pur maggioritaria aveva una quota proporzionale e che spiano la strada alla vittoria del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi.
QUANDO PERSE LA CALMA
“Mite, pacato, serio, ragionatore“, prosegue l’editorialista del quotidiano diretto da Mario Calabresi – alzi la mano chi lo ha mai sentito una volta alzare la voce: così chi lo conosce lo descrive da sempre. Eppure in quell’incredibile ’94 in cui il Cavaliere in soli tre mesi spiccò il balzo da Arcore a Palazzo Chigi, complice il terribile errore politico di Achille Occhetto e Mino Martinazzoli di presentarsi divisi, Sergio Mattarella una volta perse la calma. Sarà stato il 20 di giugno, in un sotterraneo dell’hotel Ergife… Il Partito popolare erede della vecchia Dc rifletteva sulla peggiore sconfitta della sua storia. Il fondatore, Martinazzoli, s’era dimesso. Tra risentimenti e divisioni interne, era arrivato inaspettatamente a succedergli il professor Rocco Buttiglione, teorico di una inevitabile svolta a destra del partito che aveva nel suo Dna il “centro che guarda a sinistra”. Tensione, proteste, inutili discussioni regolamentari, come succede spesso quando la politica non ha più argomenti, e però i numeri sono numeri e Buttiglione ce la fa. A quel punto, un pezzo di sinistra dc, che fino a quel momento aveva governato il partito, si alza e se ne va. Escono gridando, sotto gli occhi increduli di chi rimane: “Fascisti, fascisti, fascisti!”. A guidare il piccolo corteo dei resistenti ci sono Rosi Bindi e Mattarella“.
LO SCONTRO CON BERLUSCONI
Sul quotidiano di Via Solferino è sempre Roncone a raccontare, invece, uno degli episodi che lo hanno reso poco gradito a Berlusconi e che ben ne delineano la tempra, nascosta dall’aspetto mite. “Ripensate alla sera del 26 luglio 1990. Quando con un atto che il Cavaliere non ha mai dimenticato, Mattarella si dimette da ministro della Pubblica istruzione dopo che Giulio Andreotti, all’epoca premier, ha posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sancisce, definitivamente, l’esistenza delle tre reti televisive Fininvest (con lui si dimisero Martinazzoli, Fracanzani, Misasi e Mannino)“.