Perplessità, rilievi, critiche palesi. In Parlamento c’è subbuglio sul decreto del governo sulle banche popolari. L’esecutivo ha approvato un provvedimento che impone la trasformazione delle dieci principali banche popolari in società per azioni, rottamando dunque il voto capitario in assemblea (una testa, un voto), uno dei princìpi cardine del sistema cooperativo anche nel settore del credito.
I rilievi che erano giunti in particolare dai ministri del Nuovo centrodestra, in primis da Maurizio Lupi, titolare delle Infrastrutture, non hanno sortito effetto, visto che la norma sulle Popolari è stata estrapolata dal ddl in cantiere sulla concorrenza e trasformata dal premier Matteo Renzi in un decreto.
Eppure in Parlamento, accanto alla posizione in maggioranza a favore del Pd, non manca chi in diversi partiti e movimenti sta affilando le armi per preparare emendamenti quando il decreto arriverà nelle commissioni competenti. Non solo: ieri M5S, Forza Italia, Lega Nord e Sel hanno presentato 4 pregiudiziali di costituzionalità al decreto sulle popolari, che saranno all’ordine del giorno dell’Aula il prossimo venerdì. Mentre il premier a Porta a Porta ha detto: porremo la questione di fiducia sul decreto
“Noi siamo pronti a metterci di traverso e a fare battaglie senza arretrare di un passo. E se dovessero mettere la fiducia sul testo così come è scritto oggi non lo voteremo”, ha detto in un’intervista a MF-Milano Finanza Alessandro Pagano, rappresentante Ncd in commissione Finanze.
Alle critiche del Nuovo Centrodestra si uniranno con tutta probabilità le posizioni contrarie al decreto che arriveranno dalla Lega di Matteo Salvini: il Carroccio fin dai tempi di Umberto Bossi e di Roberto Maroni ha sempre difeso il modello cooperativo. Così molti leghisti stanno studiando la tattica migliore per modificare il provvedimento governativo che impone la trasformazione delle principali banche popolari in spa entro 18 mesi dall’entrata in vigore del decreto.
In Parlamento si vocifera anche che una parte dei gruppi del Movimento 5 Stelle possa essere contraria. Non è stato un caso, si nota ambienti dei Pentastellati, che il candidato “grillino” al Quirinale, il magistrato Ferdinando Imposimato, abbia assunto una posizione fin dal principio critica sulla decisione del governo. Tanto che, in una lettera datata 22 gennaio e indirizzata al presidente Pietro Grasso, rimarcava la incostituzionalità del decreto Renzi sulle Popolari.
Anche in Forza Italia sembrano prevalere le posizioni critiche. A ridosso dell’approvazione del decreto da parte del consiglio dei ministri, Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera, ha espresso valutazioni non favorevoli sul provvedimento (dove sono i requisiti di necessità e di urgenza?, si è chiesto) e nei giorni successivi ha elogiato l’azione della Consob che sta verificando eventuali movimenti anomali sui mercati finanziari in relazione ad alcuni titoli delle banche interessate; intervento della Commissione che vigila sulle società quotate e la Borsa successivo ad alcune indiscrezioni di stampa relative a una sorta di “effetto serra” sulle Popolari.
Poi in una intervista al settimanale Milano Finanza è stato l’ex commissario europeo Antonio Tajani, esponente di spicco del movimento berlusconiano, ad esprimere critiche alla mossa del governo: “Il dubbio che possa essere un provvedimento contrario al diritto europeo c’è. Se si pensa che nell’Unione la linea è quella di differenziare il modo in cui sono trattate le grandi banche rispetto alle piccole, eliminare questa differenza potrebbe per principio andare in direzione opposta alla politica Ue”, ha detto a MF Tajani, che ha anche presentato un’interrogazione formale alla Commissione Europea per esaminare la correttezza della riforma del governo italiano sulle banche popolari.