C’è una cosa (almeno) sulla quale Matteo Salvini e Flavio Tosi vanno d’accordo: la necessità di allargare dei confini della Lega Nord fino al Mezzogiorno, stravolgendo l’idea stessa di partito territoriale. A oltrepassare il Po ci aveva già pensato Umberto Bossi, spintosi in Toscana, Umbria e nelle Marche. Adesso i due rivali interni condividono il medesimo obiettivo: ieri il segretario Salvini ha iniziato il suo tour nel centro sud partendo dall’Abruzzo. Peccato che non siano d’accordo né su chi debba guidare questo processo, né sulla strategia da adottare. Così come viaggiano su binari separati su molti altri temi.
LA MADRE DI TUTTE LE DIVISIONI
Sdoganata nel lessico politico come il “Patto del Pirellone”, confermata dal governatore lombardo Roberto Maroni che aveva vestito i panni del notaio e resa pubblica dal sindaco di Verona per accusare il segretario federale di non averla rispettata, la spartizione decisa a tavolino in Regione Lombardia alla fine del 2013 serviva a sancire una tregua dentro la Lega. Salvini si sarebbe candidato alle primarie per la guida del partito, Tosi non vi avrebbe partecipato e si sarebbe concentro sulla scalata del centrodestra nazionale per diventare il candidato premier. Tutto fila liscio fino a quando però Salvini non inizia a fare il botto. Complici gli scandali del cerchio magico bossiano, alle elezioni del 2013 il Carroccio era crollato, dall’8,30% del 2008 al 4,09%. Il Matteo leghista lo raccoglie con un cucchiaino e compie un mezzo miracolo: alle europee del 2014 lo porta al 6,16%, alle regionali di novembre in Emilia-Romagna addirittura al 19,42%, con Forza Italia doppiata. La sola leadership leghista a quel punto gli sta stretta; si dice interessato a fare il sindaco di Milano, in realtà punta al governo di Roma e a guidare l’intero fronte anti Renzi lanciando la lista “Noi con Salvini” per sfondare al Sud.
NELL’ALLARGAMENTO AL MEZZOGIORNO SALVINI ARRIVA IN RITARDO
La svolta “italiana” di Salvini risulta però tardiva rispetto a quella di Tosi. Con la sua fondazione Ricostruiamo il Paese, il sindaco di Verona da tempo lavorava a un allargamento dei confini leghisti non senza una dura opposizione da parte di Bossi. Complice la sua formazione culturale di destra (Salvini invece viene dai Comunisti Padani), Tosi nel 2010 si era anche preso parecchie critiche dall’interno della Lega per aver ricevuto a Verona l’allora Capo dello Stato Giuseppe Napolitano con tanto di fascia tricolore.
LA STRATEGIA POLITICA CHE DIVERGE
Fino a qualche settimana fa, si sarebbe potuta marcare una differenza netta tra le strategie politiche di Salvini e Tosi. Il primo che predicava la battaglia quasi solitaria della Lega, pronto a dettare linea e condizioni nel centrodestra e a ostracizzare l’Ncd dalla coalizione, come avvenuto in Emilia-Romagna. Il secondo invece più propenso a coinvolgere i moderati e i centristi. Adesso le cose sono in parte cambiate, visto che Tosi al Corriere del Veneto ha rimescolato le carte spiegando che la Lega alle regionali deve correre da sola per sostenere Luca Zaia. Subito è arrivata l’alzata di scudi del sindaco di Padova Massimo Bitonci che ha invece riproposto lo schema di alleanza con Fi, Fdi e la lista civica di Zaia. A proposito di civiche, Tosi alle regionali vorrebbe far correre anche la sua, che tanta fortuna gli ha portato a Verona; inutile dire che Salvini punti a impedirglielo.
C’è poi il rapporto con Corrado Passera a dividerli; nonostante negli ultimi tempi pare si siano diradate le frequentazioni, con Tosi i momenti di confronto non sono mancati, mentre Salvini non ha mai nascosto la sua avversione all’ex ministro del governo Monti. Il leader del Carroccio ha poi sempre mantenuto aperto il dialogo con Silvio Berlusconi – con lui ha trattato per la candidatura di Alan Fabbri in Emilia -, mentre il sindaco scaligero ha più volte cercato una sponda in altre figure emergenti nel centrodestra come Raffaele Fitto, Giorgia Meloni e lo stesso Passera.
DALL’EURO ALLE OLIMPIADI FINO AI DIRITTI CIVILI
Hanno idee differenti anche sulla politica economico e monetaria, dato che Salvini ha risollevato la Lega al grido di “Basta Euro” mentre Tosi non ha nascosto le sue perplessità sull’uscita dell’Italia dalla moneta unica. Non bastasse, si sono pure scontrati sulla proposta di candidare Roma ad ospitare le Olimpiadi del 2024: il segretario federale contrario, il segretario della Liga Veneta favorevole.
Tutto questo fino all’ultimo caso scoppiato due giorni fa: con un’ordinanza Tosi ha istituito a Verona il registro comunale anagrafico per le coppie di fatto, sia etero che omosessuali, che vantino almeno due anni di convivenza; potranno così avere diritto all’assistenza in caso di malattia, all’ottenimento di informazioni sanitarie e alla richiesta di certificazioni anagrafiche. La notizia è subito rimbalzata sulle cronache nazionali, perché si tratta del primo Comune a guida leghista che apre al riconoscimento dei diritti delle coppie gay. Salvini ieri da l’Aquila ha espresso il suo disappunto dicendo che “non è una cosa che mi appassiona” e che “le emergenze per i sindaci sono abbassare le tasse e aprire scuole, asili e ospedali”.