Dice che la Lega Nord non deve diventare milanocentrica, rivendica l’autonomia della “sua” Liga Veneta nella scelta delle alleanze regionali a sostegno del governatore ricandidato Luca Zaia, istituisce il registro delle coppie di fatto a Verona facendo innervosire il segretario federale Matteo Salvini. Ormai Flavio Tosi non lo ferma più nessuno, o quasi; tra poco più di due anni finirà il secondo mandato da sindaco, ma lui da tempo guarda a Roma. Vuole scalare il centrodestra con le primarie per diventare il candidato premier di una larga coalizione che va dall’area moderata dei popolari e di Corrado Passera fino a Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Ma su quali appoggi può contare dentro il Carroccio il sindaco scaligero che tanto faceva infuriare Umberto Bossi ed è stato ribattezzato il “leghista eretico” o il “leghista ribelle”? Chi tra i padani è pronto a sposare il suo progetto?
LA VERA CESURA DENTRO LA LEGA
Ci sono i fedelissimi di Tosi, c’è il cerchio magico di Salvini. E’ vero. Ma la reale linea di demarcazione all’interno della Lega Nord, e in particolare ai suoi vertici, segna il confine tra chi vuole che venga rispettato il “Patto del Pirellone” e chi no. Tra chi cioè pensa che a Salvini debba spettare soltanto la guida del partito e a Tosi la corsa alla premiership nazionale, come era stato stabilito a fine 2013 nell’ufficio di Roberto Maroni, e chi invece è ormai convinto che il segretario federale si debba prendere tutto. La rivalità tra i due discende tutta da lì, dal mancato rispetto di quel Patto, anche perché al primo cittadino di Verona di conquistare la guida del Carroccio pare gliene importi davvero poco. Lui punta a Roma, motivo per cui ha messo in piedi la sua fondazione con vocazione nazionale “Ricostruiamo il Paese”.
CHI (PIU’ O MENO NEL SILENZIO) LAVORA PER TOSI
Le quasi 100mila preferenze raccolte alle europee del maggio 2014 dal sindaco scaligero nella circoscrizione nord-orientale sono un messaggio chiaro: il seguito di Tosi non può certo considerarsi limitato ai confini veronesi, e nemmeno a quelli veneti. In Lombardia, ad esempio, uno che non fa mistero di sposare la causa tosiana è l’assessore regionale all’Agricoltura, il mantovano Gianni Fava, che non ebbe remore l’anno scorso nel plaudere a quei leghisti che avevano permesso di concedere il patrocinio della Regione al Gay Pride di Milano. Stando a fonti interne al partito, un altro che non ha dubbi nel ritenere Tosi il candidato migliore alla leadership del centrodestra rispetto a Salvini, è lo stesso ex segretario federale del Carroccio nonché presidente di Regione Lombardia, Bobo Maroni.
Da tempo si tiene lontano dalle vicende interne, sul “Patto del Pirellone” s’è limitato a confermarne la sua esistenza ma anche a precisare che è stato fatto un’era politica fa, quasi a voler dire che forse non è più valido. Ma è risaputo come l’ex ministro dell’Interno soffra l’esuberanza e il protagonismo di Salvini.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il senatore bergamasco e presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, lui che con Salvini s’è scontrato più volte: prima nel 2012, quando puntava a fare il segretario della Lega Lombarda ma Maroni scelse il futuro leader, quindi a fine 2013, quando tentò di candidarsi alle primarie per la segreteria federale ma non raccolse abbastanza firme. Restando in Lombardia, un altro pezzo da novanta del partito, personaggio che sta poco sotto i riflettori ma lavora molto dietro le quinte, è l’ex capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti: non lo dirà mai apertamente, ma chi lo conosce confida che pure lui preferisce la candidatura a premier di Tosi. La quasi totalità del gruppo parlamentare veneto è poi di questo avviso, mentre il governatore Zaia è sempre stato abile nel tenersi lontano da certe diatribe. Come lui anche l’ex governatore del Piemonte Roberto Cota, già fedelissimo di Bossi; se in passato aveva espresso apprezzamenti per Tosi, a fine dicembre in un’intervista a Libero ha fatto capire di preferire (almeno ufficialmente) Salvini.
Scendendo sotto il Po, Gianluca Pini, vicecapogruppo alla Camera e segretario nazionale della Lega Nord Romagna nonché maroniano della prima ora, è molto vicino al sindaco di Verona.
Tosiano di ferro è pure l’ex candidato sindaco di Bologna, Manes Bernardini; proprio per tale motivo e per i dissidi con la commissaria leghista sotto le Due Torri, la salviniana Lucia Borgonzoni, se n’è andato dal Carroccio.