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Come armare Kiev

Armare Kiev sarà più difficile del previsto. È questa l’unica certezza con cui si è chiusa ieri la conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, dove il fronte dei favorevoli e quello dei contrari sono emersi con chiarezza. Da un lato c’è la Nato (dove negli anni hanno assunto sempre più peso i Paesi baltici e la Polonia), intenzionata a fornire all’Ucraina tutto il sostegno militare necessario a fronteggiare l’avanzata dei ribelli filorussi; dall’altro c’è il resto dell’Europa, che persegue la strada del dialogo con Mosca. In mezzo gli Usa, con il presidente Obama ancora indeciso sul fornire armi a Kiev, ma che non chiude a questa opzione.

LA STRATEGIA DI WASHINGTON

A preoccupare Mosca e i mediatori europei – guidati da Francia e Germania – è soprattutto la possibilità che gli Stati Uniti possano procedere autonomamente. Una spaccatura inimmaginabile, al momento, ma a Washington, nei palazzi che contano, si moltiplicano gli endorsement per una soluzione che rafforzi le capacità offensive dell’Ucraina. A favore si sono espressi non solo il comandante militare della Nato, il generale Philip Breedlove, ma anche il capo di Stato maggiore Martin Dempsey, il consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice e persino Ashton Carter, designato dalla Casa Bianca per l’incarico di segretario alla Difesa. Il governo Usa ha finora fornito al Paese solo assistenza “non-letale”. Ma oggi, a rilanciare questa tesi è stato il generale Frederick Hodges, comandante dell’esercito americano in Europa, che si è detto allarmato per come il Vecchio continente starebbe sottovalutando quella che a suo avviso è “la manifestazione di una visione strategica del mondo” che il presidente russo Vladimir Putin sta traducendo in realtà. “I russi – ha spiegato – si stanno mobilitando per una guerra che loro pensano scoppierà entro cinque o sei anni“.

IL RAPPORTO DEGLI ESPERTI

Un rapporto realizzato da un team di esperti (tra i quali l’ex sottosegretario al Pentagono Michèle Flournoy e l’ammiraglio James Stavridis, ex comandante supremo della Nato)scrive Gianandrea Gaiani sul Sole 24 Oreevidenzia come l’aiuto militare russo in mezzi e truppe (ma Mosca ha sempre negato) abbia fornito ai separatisti una metta superiorità militare e d’intelligence in grado di individuare con i droni le postazioni ucraine da bersagliare con l’artiglieria“. Il testo, intitolato “Preserving Ukraine’s independence, resisting russian aggression: what the United States and Nato must do”, sottolinea che “l’artiglieria ha provocato il 70 per cento delle perdite tra le forze ucraine che non dispongono di droni e radar contro-batteria per rispondere con efficacia al fuoco nemico“. Quel che il report propone è di “decuplicare gli aiuti militari Usa a Kiev (114 milioni di dollari l’anno scorso su 350 milioni previsti entro il 2016) portandoli a un miliardo quest’anno più altri due entro il 2017 includendovi lanciarazzi a lungo raggio e missili anticarro per compensare le forniture del Cremlino al Donbass“. La Nato crede che i ribelli filorussi contino su mezzi e armi non disponibili in Ucraina e che appartengano con certezza agli arsenali di Mosca.

I PROBLEMI DI KIEV

Anche dando armi all’Ucraina, però, permarrebbero dei problemi di non facile soluzione. Ai soldati di Kiev servirebbe addestramento per utilizzarle; ma è l’intero esercito che andrebbe riorganizzato, con l’aggravante di un’assenza di logistica che porta a una carenza cronica di ricambi e carburante. “Trasformare l’armata di Kiev in uno strumento bellico efficace – conlcude Gaiani – richiederebbe anni e molti miliardi (gli Usa ne hanno spesi 68 per le forze afghane che sono equipaggiate in modo leggero e “primitivo”) determinando l’escalation di un conflitto pieno di incognite“.

RISCHIO ESCALATION

Per evitarlo, Angela Merkel – che nei giorni scorsi era stata a Mosca con François Hollande – è volata oggi a Washington per incontrare Barack Obama e scongiurare l’opzione militare, smentita per il momento anche dal capo di Stato americano. “Ho chiesto ai miei consiglieri di analizzare tutte le possibilità, tra cui quella di inviare armi difensive. Ma non ho ancora preso una decisione” e spero “in una soluzione diplomatica” ha detto la Casa Bianca. Le parti sono però ancora lontane. Gli Usa chiedono che la Russia smetta una volta per tutte di sostenere i ribelli, per consentire la definizione di un percorso di pace. Mentre Mosca chiede rassicurazioni perché Kiev rimanga neutrale, fuori dall’orbita dell’Ue e della Nato, diventando una sorta di stato cuscinetto a impostazione fortemente federale, con ampie libertà per le minoranze russofone nell’Est del Paese. Nel frattempo, il Cremlino ha reso chiara la sua posizione. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha avvertito gli Usa: se Kiev sarà armata, “le conseguenze saranno imprevedibili“. Ed è soprattutto di questo che è preoccupata Bruxelles, intimorita – come spiega Brookings – dallo scoppio di una guerra alle sue porte, oltre che dal deteriorarsi dei rapporti commerciali con un Paese tanto prossimo, quanto importante.


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