Associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, economisti, formazioni politiche. È un mondo vasto e combattivo quello che vuole contrastare e fermare il blitz sferrato dal governo di Matteo Renzi per trasformare entro 18 mesi le 10 più grandi banche popolari italiane in società per azioni.
L’endorsement di Via Nazionale
Riforma che ha ricevuto l’aperto supporto del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: “L’approdo a un assetto societario che accresce la capacità di ricorso al mercato dei capitali e la più ampia partecipazione dei soci in assemblea riduce il rischio di concentrazioni di potere in capo a gruppi minoritari organizzati”.
La proposta di Assopopolari
La volontà dell’esecutivo, pur tra le mille acrobazie verbali utilizzate per giustificare il provvedimento, è chiara.
Ma lo è altrettanto l’opposizione di Assopopolari, storica sigla che aggrega e rappresenta la galassia degli istituti creditizi a carattere mutualistico e cooperativo. La quale, per bocca del presidente Ettore Caselli, propone un progetto di “auto-riforma” ricco di rilevanti aperture alle logiche del mercato.
La direzione è quella del cosiddetto “modello ibrido”, che consente di eleggere il consiglio di amministrazione delle banche tramite due canali differenti. Gli investitori istituzionali esprimono un numero di consiglieri proporzionali alla quantità di azioni detenute, mentre gli altri soci continuano a servirsi del “voto capitario”: la volontà di tutti vale uno a prescindere dal capitale posseduto. Una ricetta alternativa prevede la creazione di fondazioni in grado di controllare le nuove società per azioni per impedire scalate esterne.
Governo diviso
Il percorso del decreto legge governativo si preannuncia faticoso e ricco di insidie. Banco di prova iniziale sarà l’esame della Commissione Finanze della Camera dei deputati, previsto a partire dal 10 febbraio.
Appuntamento al quale il governo non si presenterà compatto, viste le riserve critiche manifestate da diversi ministri nei confronti del provvedimento.
I più agguerriti appartengono ad Area Popolare, come il responsabile per le Infrastrutture Maurizio Lupi che mette in rilievo l’esigenza di mantenere il radicamento territoriale delle banche popolari “per non finire come la Grecia”.
Argomentazione antitetica viene espressa dal vice-ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, che ritiene la trasformazione della natura dei più importanti istituti creditizi mutualistici “una modernizzazione portatrice di valore aggiunto per il tessuto produttivo del nostro paese”.
Valutazioni opposte nel Pd
Una contrapposizione di idee che si riflette anche nel Partito democratico.
Nel quale la vice-segretaria Debora Serracchiani difende le ragioni del decreto legge ricordando come per troppo tempo “l’auto-riforma delle Popolari sia rimasta sulla carta”.
Mentre il presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio Francesco Boccia chiede “un confronto trasparente tra governo e Parlamento sulle banche popolari, sulle forme di credito al capitalismo italiano a forte connotazione territoriale, sulle eventuali iniziative di investitori internazionali”.
Criticando il ricorso a un provvedimento di urgenza “di cui non si comprendono le ragioni”, il rappresentante del Nazareno propone di limitare l’applicazione del testo esclusivamente alle banche quotate – 7 anziché 10 – e di porre un tetto del 5 per cento sul capitale posseduto per il voto in assemblea.
L’esproprio denunciato da Forza Italia
Progetto di modifica che trova interesse nella senatrice di Forza Italia Cinzia Bonfrisco, componente Commissione Bilancio di Palazzo Madama.
La quale nutre forti dubbi di costituzionalità per l’adozione di “una riforma tutt’altro che urgente, approvata peraltro in una fase di vacatio del Capo dello Stato”.
E punta il dito contro “la cancellazione di un pezzo rilevante della storia economica italiana messa in atto da Palazzo Chigi con una sorta di esproprio nei confronti dei risparmiatori”.
L’obiettivo è il salvataggio di Mps e Carige?
La parlamentare “azzurra” non sa se le misure approvate dall’esecutivo costituiscano il “cavallo di Troia per favorire l’ingresso di grandi gruppi finanziari stranieri nel tessuto finanziario nazionale”.
Preferisce parlare, in sintonia con le riflessioni dell’economista Francesco Forte, di “moral suasion per portare le Popolari a rilevare aziende fortemente in crisi come Monte dei Paschi o Carige”.
Senza dubbio, rileva, ci troviamo di fronte a “un atto di ostilità di matrice cripto-dirigistica e anti-liberale nei confronti di un’opzione creditizia alternativa al modello societario commerciale. E che nel corso della crisi ha mostrato di essere di vero sostegno per i territori e le collettività di persone ed imprese”.
Compromesso in vista tra gli avversari del decreto legge?
Milano Finanza ha scritto recentemente di “contatti in corso tra Forza Italia, Lega Nord, Movimento Cinque Stelle, Sinistra e Libertà per orchestrare una tenace opposizione al provvedimento del governo”.
Bonfrisco non smentisce la notizia e, a conferma dei fermenti che ribollono in Parlamento contro il decreto legge, auspica un “autonomo, responsabile, proficuo e laico dibattito sui risultati disastrosi che esso potrebbe provocare”.
Riconoscendo alle proposte di modifica messe a punto da Boccia il valore di “consigli da approfondire”, la senatrice di Fi ritiene condivisibile il progetto di riforma concepito da Assopopolari: “Mi sembra possa aderire bene anche alle strutture che superino certe soglie dimensionali”.
Ma il governo minaccia il ricorso alla fiducia
Come è evidente, le Camere sono pronte a intraprendere un lungo braccio di ferro e a non restare inerti di fronte all’offensiva promossa dal governo.
L’unica vera incognita è di natura squisitamente politica. Esiste infatti la concreta possibilità che l’esecutivo decida di blindare il testo approvato dal Consiglio dei Ministri ponendo la questione di fiducia. L’obiettivo, rivendicato pubblicamente dallo stesso premier, è liberare il terreno da ogni “trappola” ed evitare l’annacquamento del decreto legge.
A quel punto come reagiranno le forze e le personalità della maggioranza di governo critiche verso il provvedimento, a partire dai ministri e parlamentari di Area Popolare?