Il comitato consultivo nominato da Google (The Advisory Council to Google on the Right to be forgotten) per fornire indicazioni sulla corretta applicazione della sentenza europea sul diritto all’oblio ha prodotto il suo report ma non senza che siano mancati dissensi e spaccature, tutti segnalati in appendice. Ecco chi ha fatto parte del comitato, chi ha fornito pareri nel tour romano di Google e chi si è dissociato dalle conclusioni del report.
I MEMBRI DELL’ADVISORY COUNCIL
Luciano Floridi, professore di Filosofia e Etica dell’informazione della University of Oxford, professore aggiunto alla Facoltà di economia della American University di Washington D.C.
Sylvie Kauffmann, laureata in legge, direttore editoriale del giornale francese Le Monde; collabora anche con l’International New York Times.
Lidia Kolucka-Zuk, ex direttore esecutivo del Trust for Civil Society in Central and Eastern Europe di Varsavia. E’ avvocato ed ex consulente strategico del primo ministro polacco su temi come riforme legali e giudiziarie e creazione della società digitale.
Frank La Rue, Special Rapporteur dell’Onu per la promozione e protezione della libertà di opinione e espressione. Ha 35 anni di esperienza nel settore dei diritti umani.
José-Luis Piñar, dottore in legge, ex direttore della Spanish Data Protection Agency ed ex vice-presidente del gruppo di lavoro della Commissione europea sulla data protection (“Art. 29 Working Party Data Protection”), professore di legge alla Università di Madrid San Pablo-CEU.
Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ex ministro federale della Giustizia tedesco, membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa per 7 anni. Attiva nella difesa e protezione dei diritti umani, tra cui il diritto alla privacy.
Peggy Valcke, Research professor di legge alla KU Leuven in Belgio, insegna part-time anche allo European University Institute a Firenze.
Jimmy Wales, fondatore e presidente emerito del Board of Trustees, Wikimedia Foundation, la società no-profit che gestisce l’enciclopedia gratuita online Wikipedia e altri progetti wiki; fondatore di Wikia.com.
IL DIRITTO ALL’OBLIO E’ GLOBALE
Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha espresso il suo dissenso sulle conclusioni del comitato sull’ambito di applicazione geografica della sentenza sul diritto all’oblio. Secondo la sua valutazione, la richiesta di rimozione riguarda tutti i domini e non solo quelli europei: “Questo è l’unico modo di implementare la sentenza europea, che implica una completa ed efficace protezione dei diritti del soggetto detentore dei dati. Internet è globale, la protezione dei diritti dell’utente deve pure essere globale. Poiché chi risiede nell’Ue può ricercare globalmente, l’Ue è autorizzata a decidere che il motore di ricerca deve cancellare i link globalmente. Mi associo alle linee guida pubblicate dall’Article 29 Data Protection Working Party”.
Per la Leutheusser-Schnarrenberger restano aperte anche alcune questioni legali connesse con il diritto all’oblio, specialmente le modalità di comunicazione del delisting ai webmaster e al pubblico. L’esperta tedesca suggerisce una forma di arbitrato tra l’azienda e il privato detentore dei dati per decidere nelle richieste di delisting più complesse.
WALES: REPORT PIENO DI FALLE
“Mi oppongo completamente alla situazione legale in cui un’azienda commerciale è costretta a diventare giudice dei nostri più fondamentali diritti di espressione e privacy, senza prevedere appropriate procedure di appello per gli editori i cui lavori sono soppressi”, scrive Jimmy Wales nelle sue obiezioni alle conclusioni del Council. “Il Parlamento europeo deve immediatamente emendare la legge per fornire appropriata supervisione giuridica e rafforzare le protezioni per la libertà di espressione. Allo stato attuale, le raccomandazioni a Google contenute in questo report sono piene di falle perché è la legge che ha delle falle”.
LA RUE: DEVE INTERVENIRE LO STATO
Per Frank La Rue diritto alla privacy e libertà di espressione non sono in conflitto ma complementari. Perciò il diritto all’oblio come tale non esiste: il problema è se il motore di ricerca rispetta o no la privacy e il blocco di un contenuto si può prendere in considerazione solo se l’informazione si basa su fonte falsa, nota nell’appendice il Rapporteur dell’Onu. Nel caso di dati che hanno a che vedere con crimini contro i diritti umani, per La Rue non può essere un motore di ricerca a occuparsi di decidere se mostrare o no delle informazioni; la protezione dei diritti umani è compito dello Stato ed è lo Stato che deve decidere dove far valere la privacy.
Luciano Floridi, Peggy Valcke e Sylvie Kauffman hanno rinunciato alla facoltà di esprimere un dissenso.
GLI ESPERTI SENTITI A ROMA
Per valutare come applicare al meglio la sentenza europea, Google ha organizzato l’anno scorso anche un tour di sette città, tra cui Roma (un’operazione letta da alcuni come mero marketing). A Roma Google ha interpellato: l’Avv. Guido Scorza dello studio Scorza Riccio & Partners; Massimo Russo, direttore di Wired Italia; il giornalista Gianni Riotta; Lorella Zanardo, scrittrice e attivista; Alessandro Mantelero, professore di diritto privato, Politecnico di Torino; Elio Catania, presidente di Confindustria digitale; Oreste Pollicino, professore associato di diritto pubblico, Università Bocconi; Vincenzo Zeno-Zencovich, professore di diritto comparato, Università Roma Tre. Le altre città interessate dal tour sono state Parigi, Bruxelles, Varsavia, Madrid, Londra, Berlino.
Ecco alcune delle indicazioni che hanno dato gli esperti sentiti: i diversi motori di ricerca dovrebbero collaborare per trovare uno standard sulla rimozione dei link e forse anche creare un meccanismo di arbitraggio; gli editori dovrebbero essere informati sul delisting e avere la possibilità di appellarsi; si può anche prevedere l’intervento di un ente indipendente che supervisioni le richieste di delisting. Su questo si è per esempio espresso Catania, affermando che “solo un’istituzione ufficiale indipendente può stabilire quali sono le questioni di interesse generale”, quindi ciò che deve essere mantenuto in nome del diritto all’informazione e ciò che può essere eliminato in nome della privacy.