Ieri il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, ha rivelato ai porporati riuniti in Concistoro che nelle casse del Vaticano ci sono “più di 1,5 miliardi di dollari di asset dei quali prima non si era a conoscenza”. Come riporta John Allen su Crux, Pell ha poi precisato che tale cifra va comunque bilanciata con “un deficit preventivato di almeno un miliardo di dollari nel fondo pensione”.
“QUALCUNO CREDEVA CHE NON SAREBBE CAMBIATO NIENTE”
“C’è stato un entusiasmo vero”, tra i cardinali che hanno ascoltato la relazione del porporato australiano sullo stato delle finanze d’oltretevere: “Posso dire che il consenso è stato generale, anche se non la totalità del consenso”, ha chiarito Pell in un’intervista a Maria Antonietta Calabrò per il Corriere della Sera: “Un ben noto cardinale mi ha detto che è stato un giorno importantissimo perché per la prima volta tutti hanno ricevuto una descrizione completa che noi redimo accurata della situazione economica della Santa Sede. Fino a quattro mesi fa alcuni volevano credere che di fatto, cioè sul serio, non sarebbe cambiato niente”.
LE RESISTENZE DI UNA PARTE DELLA CURIA
Pell fa anche riferimento alle resistenze che in questi dodici mesi si sarebbero manifestate contro il suo progetto di riforme. Circostanza ammessa l’altro giorno al Catholic News Service anche dal cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier, che aveva tirato in ballo Propaganda fide. Il prefetto della Segreteria per l’Economia usa molta diplomazia e osserva che “se vogliamo utilizzare una terminologia politica, i cardinali di tutti gli schieramenti (sinistra, destra e centro) sono stati quasi tutti d’accordo con questo lavoro”. Se resistenze od ostilità ci sono state, queste derivano “da una piccola porzione della curia che ha fatto un tentativo di grossa resistenza”. In particolare, prosegue Pell, “ci sono alcuni della Segreteria di stato e forse del Governatorato che hanno dubbi sostanziali sulla riforma”.
LE CIFRE DELLA RIFORMA
Pell ribadisce quanto aveva detto in un’intervista esclusiva, lo scorso dicembre, al Catholic Herald. Aveva parlato di “alcune centinaia di milioni di euro” che “erano nascosti in particolari conti settoriali e non apparivano nei fogli di bilancio”. Parole che avevano scatenato un putiferio in curia, con richieste di spiegazioni, visto che il cardinale australiano aveva anche precisato che “diversi dicasteri e specialmente la Segreteria di Stato hanno goduto e difeso una sana indipendenza”. Oggi chiarisce che “non erano fondi illeciti o illegali. Ma la citazione dimostra che non sono esagerato quando parlo, perché ho scritto di qualche centinaia di milioni. Invece ieri al Concistoro ho spiegato che alla data odierna ci sono 442 milioni di asset addizionali nei dicasteri ed essi si vanno ad aggiungere ai 936 che già avevamo individuati in un primo momento”.
LA SPUNTERA’ LO ZAR PELL?
A giudizio del vaticanista Sandro Magister, i problemi comunque rimangono e “non è sicuro se il cardinale George Pell sarà veramente lo zar delle finanze vaticane o se invece avranno la meglio i ‘boiardi’ della curia romana”. Si tratta cioè di capire se “le varie amministrazioni vaticane che hanno storicamente una più o meno grande disponibilità finanziaria propria (segreteria di Stato, Propaganda Fide, Chiese orientali, dottrina della fede, APSA e governatorato) riusciranno a conservarla in parte o del tutto. Al momento – aggiunge Magister – l’ipotesi più probabile sembra quest’ultima”.