Nella spirale incontrollabile della guerra civile libica hanno preso il sopravvento le milizie integraliste dello Stato islamico. Così l’ambasciata italiana a Tripoli ha deciso di chiedere ai nostri connazionali di lasciare temporaneamente il paese nordafricano.
Per capire gli scenari sul campo e le possibili vie di uscita, Formiche.net ha interpellato il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e attualmente vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali.
Che cosa sta davvero succedendo in Libia?
Siamo giunti al “tutti contro tutti”. La fazione finora egemone nell’area di Tripoli e che si richiama all’estremismo musulmano è stata scavalcata dall’Isis. I fronti attivi sul terreno sono molto fluidi. E si possono muovere con rapidità. Vi è un fattore fondamentale che alimenta le forze in campo.
Quale?
Fin dall’epoca della Guerra Fredda Muammar Gheddafi aveva accumulato una quantità di armamenti e sistemi d’arma enorme rispetto alle esigenze militari della Libia. Si pensava legittimamente che l’ex dittatore potesse fornire le infrastrutture di retrovia per un’eventuale aggressione verso il fianco meridionale della Nato. Adesso la disponibilità di tali mezzi e truppe con equipaggiamenti pesanti è a portata di tutte le milizie in guerra.
Come è stato possibile arrivare a tale scenario?
Perché siamo stupidi. Abbiamo promosso la caduta di Gheddafi, un dittatore odioso che tuttavia garantiva ordine in un’area dominata da sentimenti tribali. E abbiamo abbandonato a se stesso un territorio grande e abitato da appena 6 milioni di persone. Una caratteristica che ha consentito grandi opportunità di manovra a chi possiede sistemi d’arma moderni. Ecco la ragione delle operazioni militari eclatanti compiute di volta in volta dai gruppi che si contrappongono con ferocia.
A chi vanno attribuite le responsabilità maggiori di tutto ciò?
All’iniziativa idiota di defenestrare il raìs libico intrapresa dall’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Accompagnata dall’incapacità di Silvio Berlusconi di fermarla, dall’ignavia di David Cameron che l’ha seguita, dall’inerzia degli Stati Uniti che si fecero trascinare in quell’avventura fornendo mezzi di ricognizione e satelliti.
È stato sbagliato detronizzare Gheddafi?
Abbiamo avuto atteggiamento umano comprensibile di antipatia verso il dittatore. Ma se si vuole sostituire un regime tirannico non è sufficiente rimuovere l’autocrate. Bisogna favorire e appoggiare il ruolo di personalità credibili in grado di prenderne il posto.
Cosa dovrebbero fare Ue, Usa, Italia e Nazioni Unite?
L’unica risposta possibile è un intervento militare ad alta intensità. Azione desiderabile ma non realizzabile, visto che le forze armate europee sono assai limitate. Soprattutto per la disponibilità di mezzi pesanti ridotta al lumicino.
Tra i gruppi che si combattono in Libia non c’è nessuno realmente affidabile per l’Occidente?
Le forze interne in lotta potrebbero cambiare bandiera. E noi commetteremmo l’errore imperdonabile addestrare i nostri carnefici. L’unica realtà autorevole e influente, capace di giocare un ruolo fondamentale nel teatro libico con una capacità militare notevole, è l’Egitto. Ma non credo che il suo presidente Al-Sisi voglia lasciarsi coinvolgere in una polveriera del genere.