È sufficiente la risposta militare dell’Egitto per limitare l’offensiva dei fautori del Califfato in Libia? E quale dovrebbe essere la natura dell’intervento contro le milizie dello Stato islamico nel paese mediterraneo?
Formiche.net ha rivolti questi interrogativi allo storico dell’economia Giulio Sapelli, studioso dei risvolti geo-strategici dei conflitti in atto nel mondo arabo ed editorialista del Messaggero.
Come valuta la ritorsione del governo egiziano contro il massacro di cristiani copti perpetrato dall’Isis in Libia?
L’Egitto è rimasto l’ultimo baluardo di stabilità istituzionale nell’area nordafricana e mediorientale. E non può non essere preoccupato per la piega degli eventi in Libia. È uno dei pochi Stati rimasti veramente tali nella regione, oltre alla Tunisia, all’Algeria pur sempre divisa tra gruppi di potere e minoranza berbera, al Marocco che si muove in modo speculare rispetto a quest’ultima. E il generale Al-Sisi ha avuto l’intelligenza di non fidarsi molto degli Usa.
Cosa vuol dire?
L’amministrazione statunitense ha favorito, con l’appoggio della Primavera araba, l’ascesa dei Fratelli musulmani di Mohamed Morsi. Il nuovo presidente egiziano sta realizzando una politica lungimirante e diversificata. Lo rivela l’acquisto di 50 aerei da combattimento dalla Francia. Vi è da sperare che gli Usa ricostituiscano con Il Cairo il rapporto rivelatosi fondamentale per la sicurezza dell’area nel secondo dopoguerra. Perché con le sue iniziative Al-Sisi difende l’Occidente e Israele.
È rilevante l’alleanza tra l’Egitto e il generale Haftar in Libia?
Haftar è stato a lungo accudito dagli Usa, e non ha perso i contatti sul campo e con le tribù. Lo stesso Muammar Gheddafi governava tramite accordi fra i clan, come faceva in Iraq Saddam Hussein. È molto complicato fare la guerra in mancanza di un assetto statuale. Lo possiamo constatare con la monarchia giordana, che ha trovato il coraggio di sferrare l’offensiva militare contro i fautori del Califfato islamico anche per non perdere il supporto delle tribù maggioritarie nel paese.
Quali interessi ha l’Egitto in Libia?
Il Cairo punta a garantire la stabilizzazione geo-strategica dell’area, considerando che nel vicino Sudan – altra realtà in fermento – vi sono le sorgenti del Nilo. E chi controlla la rete di irrigazione del grande fiume gestisce una parte rilevante dell’Africa.
Al contrario del Cairo molti Stati arabi appaiono ambigui con il Califfato.
Tutti sanno che i gruppi tribali-dirigenti del mondo arabo realizzano contemporaneamente molteplici strategie. Perché non esistono istituzioni politiche di tipo europeo. Si tratta di costruzioni temporanee di assetti di potere che si trasmettono attraverso i fratelli appartenenti alla stessa famiglia. Senza autentici governi e consigli dei ministri. L’Egitto al riguardo mostra una superiorità storica nell’area, con un’identità statuale-nazionale già evidente nell’epoca dell’Impero ottomano.
L’Italia che ruolo occupa nella mappa geopolitica ed economica degli interessi presenti in Libia?
Il nostro paese è messo molto male. Nel Mediterraneo conta soltanto 20 navi operative. Nonostante Marina e Aviazione italiana siano fra le migliori al mondo, esse richiedono un rafforzamento con risorse finanziarie adeguate. Un tempo l’isola di Pantelleria aveva una base Nato di avanguardia, oggi del tutto smantellata. A riprova della mancanza di un pensiero geo-strategico che deve contemplare la possibilità della guerra.
Non è pensabile una partecipazione significativa dell’Italia a una missione armata internazionale?
Se non si può minacciare l’utilizzo della forza, non vi è posto per il nostro paese. Che deve ricostruire il proprio potenziale bellico. Il capo della Farnesina Paolo Gentiloni può annunciare che l’Italia è pronta per un’iniziativa militare in Libia. Ma deve presentare una lista di spese anche a deficit. L’Europa deve riprendere a fare debiti per comprare armi e rimettere in campo un proprio esercito. Perché con la politica dell’austerità finanziaria non si può salvare la civiltà occidentale ed europea. Nata non a caso in Grecia e Italia.
Una nazione molto coinvolta nella vicenda libica come la Francia ha chiesto l’immediata riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Richiamare un organismo nel quale la Gran Bretagna conta come la Nigeria è ridicolo. Peraltro l’Onu si sta sgretolando come neve al sole. Pensiamo al susseguirsi di “interventi umanitari” fallimentari come quello in Iraq. Azione che sarebbe stata rifiutata da una autentica comunità internazionale.