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Numeri e baruffe sul fondo pensioni del Vaticano

I dipendenti della Città del Vaticano possono stare tranquilli: le loro pensioni non sono affatto a rischio. Smentita pubblica, dunque, alle dichiarazioni del prefetto della Segreteria per l’Economia, il cardinale australiano George Pell, che aveva parlato di un “deficit preventivato di almeno un miliardo di dollari nel fondo pensione”, dopo che lo scorso dicembre al Catholic Herald aveva parlato della necessità di rafforzare quel fondo. Le cose, a quanto pare, non stanno così.

IL COMUNICATO DEL CDA 

Lo scorso 19 febbraio si sono riuniti il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori del fondo pensioni e, dopo rapida analisi dei conti, hanno deciso di comunicare pubblicamente “la situazione attuariale, patrimoniale e reddituale del Fondo così come risulta dai Bilanci tecnici attuariali redatti dall’attuario certificatore e dai Bilanci di esercizio”. Decisione che s’è resa necessaria “poiché da alcuni mesi, amplificati anche da notizie di stampa, circolano dati allarmanti sulla situazione del Fondo pensioni vaticano e sulla sua sostenibilità a fronteggiare impegni assunti verso gli iscritti, presenti e futuri”.

“IL FONDO E’ COPERTO AL 95 PER CENTO”

E del buco menzionato dal cardinale Pell, secondo quanto riporta il Bollettino della Sala stampa della Santa Sede, non c’è traccia: “Circa l’aspetto attuariale, si rileva il sostanziale equilibrio tra risorse disponibili e impieghi verso gli attuali e futuri pensionati, grazie anche ad interventi (approvati dalla Segreteria di Stato su proposta del Consiglio di amministrazione) sia in ambito contributivo sia in ambito delle prestazioni”. In sostanza, spiega il Cda, “i bilanci di esercizi evidenziano, nel corso degli anni, la solidità anche della struttura patrimoniale e finanziaria del Fondo stesso”, tanto che “il rapporto di copertura del fondo pensioni è del 95 per cento”.

PELL AVEVA PARLATO DI UN DEFICIT “DI 700-800 MILIONI”

E’ pertanto ipotizzabile che “al 31 dicembre 2015” si abbia “una consistenza patrimoniale di oltre 504 milioni di euro, a conferma della reale solidità del Fondo, che è passato da uno stanziamento iniziale di 10 miliardi delle vecchie lire italiane nel 1993 ad oltre 500 milioni di euro in poco più di venti anni”. Cose ben diverse, dunque, da quelle denunciate dal capo della Segreteria per l’Economia, come evidenziava sabato scorso sul Corriere della Sera Maria Antonietta Calabrò: “Era stato il cardinale Pell a riferire che ‘da qui a dieci anni per le pensioni esiste un deficit di 700-800 milioni’ e forse di più ‘per la fluttuazione dei tassi di interesse'”.

LE RESISTENZE DI UNA PARTE DELLA CURIA

Una nota inusuale, quella del Cda e del Collegio dei revisori, che amplifica i dubbi sul “conflitto” in curia sulle competenze in materia finanziaria. Il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napierin un’intervista concessa al Catholic News Service, aveva accusato diversi dicasteri vaticani di aver remato contro il progetto di riforma studiato da Pell. Le resistenze, aveva commentato il porporato australiano, “derivano da una piccola porzione della curia che ha fatto un tentativo di grossa resistenza. Ci sono alcuni della Segreteria di stato e forse del Governatorato che hanno dubbi sostanziali sulla riforma”. Di certo, non aveva aiutato il trambusto creato dalle dichiarazioni di Pell dello scorso dicembre riguardo “le centinaia di milioni di euro nascosti in particolari conti settoriali” che “non apparivano nei fogli di bilancio”. Alle polemiche aveva fatto seguito la retromarcia: “Non erano fondi illeciti o illegali. Ma la citazione dimostra che non sono esagerato quando parlo, perché ho scritto di qualche centinaia di milioni. Invece ieri al Concistoro ho spiegato che alla data odierna ci sono 442 milioni di asset addizionali nei dicasteri ed essi si vanno ad aggiungere ai 936 che già avevamo individuati in un primo momento”.


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